Schiaffo alle Regioni, i Tar riaprono le scuole. "Troppi danni agli studenti"

In Emilia-Romagna e Friuli i giudici bocciano la didattica a distanza. Il caso Lombardia: diventerà zona rossa, quindi lezioni solo da casa

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di Federica Orlandi

Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia: il Tar riporta in classe i liceali, anche se poi bisogna fare i conti con le zone rosse e arancioni. Morale: lunedì i ragazzi delle superiori di Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia potranno fare lezione in aula, i lombardi no.

Una conquista dopo le tante proteste e manifestazioni, anche se per ora in aula potranno stare solo per metà del tempo.

Cosa è successo? In Emilia il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso di un gruppo di genitori contro l’ordinanza con cui il governatore Bonaccini l’8 gennaio scorso aveva fissato il rientro in presenza al 25 gennaio. In Friuli lo stesso copione.

Il colpo di scena è pure doppio, perché a riaprire le porte delle aule non sono stati quindi né il presidente della Regione né il governo, ma appunto i giudici del Tar che sono entrati nel merito delle decisioni regionali. Spiegando (in Emilia) che la scelta di non riportare subito i ragazzi in aula "comprime in maniera eccessiva, immotivatamente e ingiustificatamente il diritto degli adolescenti a frequentare la scuola quale luogo d’istruzione e apprendimento culturale nonché di socializzazione, formazione e sviluppo della personalità".

Lo stesso, come si diceva, è accaduto in Friuli Venezia Giulia e, due giorni prima, in Lombardia, dove la giostra però si complica ulteriormente: il tribunale amministrativo ha disposto il rientro in classe in presenza, da lunedì, ma nel frattempo la regione tornerà zona rossa. E perciò non solo non rientreranno gli studenti delle superiori, ma dovranno affidarsi alla didattica a distanza al cento per cento pure quelli di seconda e terza media.

Caso ancora differente quello della Sicilia, l’altra regione tornata rossa: di fornte a un ricorso analogo i giudici hanno risposto che la ’Dad’ è legittima, "purché temporanea". Che quello della scuola sia un tema caldissimo, di questi tempi, lo confermano le proteste che si sono moltiplicate in tantissime città d’Italia. Oltre a Bologna, a Napoli, Roma, Genova, Milano, tra le altre, si sono mobilitati ragazzi o genitori, per sit-in, manifestazioni, occupazioni.

A Milano una mamma medico ha fatto tamponi rapidi agli studenti che avevano deciso simbolicamente di seguire le lezioni all’aperto, tutti insieme. Dopo essere risultati negativi ai test, si sono riuniti per un’assemblea nella palestra del loro istituto. Insomma, la sensazione è che, a parità di emergenza, ogni Regione o tribunale amministrativo faccia un po’ quello che vuole.

Una situazione che non va giù al governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni. "Non mi permetto di commentare la sentenza del Tar – spiega –. Appena l’ho saputo ho informato i ministri Speranza e Boccia. Ora credo che il governo debba intervenire: non può spettare a singole sentenze dei Tar la gestione di un tema cruciale come quello della scuola".

Pure i sindacati dei docenti, che inizialmente si erano schierati a favore della didattica a distanza, ora attaccano: "Il rinvio dell’apertura delle attività didattiche deve essere del governo, senza delegare più nulla alle Regioni - dice la Flc Cgil – . Noi continueremo a collaborare per la riapertura in presenza e in sicurezza".

Nei primi giorni di gennaio era stata la Regione a decidere di adottare la ’Dad’ per le superiori, nonostante "gli strumenti e l’organizzazione per riaprire, in Emilia-Romagna, ci fossero già tutti", come dice Bonaccini. Perché quindi il rinvio al 25 gennaio? "Volevamo evitare l’inasprirsi della pandemia, tornare zona rossa e richiudere tutto subito. I dati epidemiologici ci danno ragione, così come la situazione in Lombardia. Non prevedevo la decisione del Tar, ammetto di faticare a capirla e credo crei confusione anche nei cittadini".