Giovedì 18 Aprile 2024

Schiaffo a Johnson dal voto locale La festa in lockdown gli costa caro

A Londra persi Westminster e altri feudi conservatori. Ma i labour ridono a metà: recupero sotto le attese

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di Deborah Bonetti

"Notte dura", ha commentato ieri il premier britannico Boris Johnson, davanti ai primi risultati delle elezioni amministrative che hanno visto i conservatori perdere diverse centinaia di seggi, soprattutto a Londra e nel sud est del Paese. Ma i laburisti non hanno guadagnato tanto quanto ci si aspettasse, soprattutto dopo la loro battente campagna anti tory sul Partygate, ovvero i festini tenuti ripetutamente a Downing Street durante i più severi lockdown imposti al resto del Paese, che hanno visto il premier prima indagato e poi addirittura multato da Scotland Yard per aver "rotto le regole".

Il leader dell’opposizione, Keir Starmer, si era erto a giudice e giustiziere di Johnson, bacchettandolo in ogni occasione e rimarcando la differenza tra se stesso e Boris, sottolineando la propria superiorità morale. Tutto questo fino a quando anche lui è finito nel mirino della polizia per il Beergate, ovvero un festino tutto suo. Starmer è stato, infatti, fotografato mentre gozzovigliava a base di birra e curry con i suoi collaboratori nel bel mezzo del lockdown e ieri la polizia della contea di Durham, dove sarebbe avvenuta la trasgressione, ha confermato che è indagato pure lui. La cosa ha suscitato grande ilarità fra i tory, che però hanno indiscutibilmente avuto dei risultati difficili da digerire. Ieri è stato confermato che hanno perso il simbolico Comune di Westminster, la zona centrale di Londra dove si erge il Parlamento e dove è situata anche Downing Street, che non è mai stato altro che tory fin dall’inizio. Tre erano le zone da guardare a vista a Londra (Wandsworth, Westminster e Barnet) e tutte e tre sono finite nelle mani del labour, con scene giubilanti da parte del sindaco Sadiq Khan (ovviamente laburista). Ma il trionfo del labour è stato contenuto e nelle zone che speravano di riconquistare, come il red wall (l’ex muro rosso nel nord del Paese, diventato blu alle politiche del 2019) i tory hanno tenuto in modo convincente. Nell’interpretare i risultati di queste amministrative va inoltre tenuto conto della bassa affluenza alle urne, del fatto che tradizionalmente le local elections vanno contro il governo in carica e del fatto che la gente vota sui problemi locali piuttosto che sui grandi giochi politici a Westminster.

Sono andati molto bene i liberal democratici, che hanno guadagnato molti seggi e anche i verdi. Ma se c’era chi si aspettava una ribellione in massa del popolo tory contro Boris, e magari una pioggia di lettere al 1922 Committee (lo strano metodo dei tory per far partire l’iter per la sfiducia al premier) ieri il clima all’interno del partito è apparso abbastanza tranquillo. I risultati non sono stati tali da mettere in pericolo Johnson, che sembra sempre riuscire a salvarsi da qualsiasi tentativo di golpe. D’altronde i tory non hanno nessuno di credibile con cui sostituirlo e fino a che gli unici a tentare di farlo fuori rimangono Jeremy Hunt e Liz Truss, Johnson può dormire tranquillo.

In Nord Irlanda, invece, si profila un risultato a dir poco storico: gli esiti, ancora parziali, sembrano indicare quello che i poll avevano previsto, ovvero il sorpasso del DUP (protestanti unionisti) da parte di Sinn Fein, come primo partito dell’Ulster. Questa sarebbe la prima volta in 101 anni (dalla partizione dell’Irlanda) che il governo di Stormont sarebbe guidato da un primo ministro nazionalista. E se così fosse, si profila l’ombra di un futuro referendum sulla riunificazione dell’Irlanda e un potenziale spaccamento del Regno Unito.