Riccardo
Jannello
Quando nel 1974 arrivò in Italia "Jesus Christ Superstar" mi recai come tantissimi diciottenni al cinema attratto dall’opera rock. Vidi due volte di fila il film e mi posi molte domande. Mai pensato che fosse blasfemo, anzi. Penso che piaccia moltissimo anche a Papa Francesco, che si rispecchierà di certo in quello che la Cei scrisse quarantasette anni fa: "La figura umana e fortemente contrastata del Cristo" non è quella del Vangelo, ma è così "esaltante e stimolante" che ispira una riflessione; bisogna comunque accostarsi ad essa in modo "avveduto e cosciente". Paolo VI approvò l’ovvia raccomandazione: dovremmo essere "avveduti e coscienti" accostandoci a qualsiasi evento della nostra turbolenta vita. Allora, iniziata nel 1966, c’era già un’esperienza che legava la religione alla cultura pop, quella dei "Gen Rosso". Vorremmo pensarne male? Tutt’altro. Servirono molto a quel "dialetto della vicinanza" ora ambito da Bergoglio. Le Giornate mondiali della gioventù, volute da Giovanni Paolo II nel 1985, sono in fondo Woodstock cattoliche e la musica, la cultura pop, ne sono la linfa. Come tutto ciò che è vicinanza anche affettiva fra le persone e queste con Dio. Qualche beghina avrà di sicuro storto il naso sentendo la prima chitarra elettrica distorcere il "Pater Noster" o un gruppo di capelloni cantare "C’era un ragazzo" durante la Messa, ma anche quella rivoluzione servì a molti giovani per avvicinarsi alla fede. A capire che il Signore è con noi se parliamo la lingua del cuore. Meglio se rock.