Saman segregata dalla famiglia. Voleva vivere ma era un fantasma

Viaggio a Novellara dove nessuno vedeva da anni la ragazza pakistana scomparsa, nemmeno in moschea. Il parroco: quante come lei?

Le ricerche di Samman a Novellara

Le ricerche di Samman a Novellara

Saman ha cominciato a sparire quando nessuno si è chiesto come mai lei, con quel talento per lo studio, avesse smesso di andare a scuola dopo la terza media. E, di fatto, fosse scomparsa. Un fantasma. Prendeva vita solo sui social. Saman Abbas, 18 anni, pachistana, ribelle a un matrimonio con un cugino combinato dal padre Shabbar, è stata cancellata un po’ alla volta, nelle campagne di Novellara coltivate ad anguria, tra casolari, canali e silenzio. E questa storia di una ragazza passata dal velo ai jeans, dallo sguardo dimesso a un lampo di vivacità negli occhi (davvero sembrano due persone diverse nelle rare foto), pare perfetta per il paese che avrebbe preso il nome dalle nebbie della Val Padana e delle paludi. L’anno scorso era scappata di casa. Ma stavolta c’è un’inchiesta per omicidio con 5 indagati: i genitori, uno zio e due cugini, uno è stato arrestato in Francia.

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Inutile chiedere di lei sotto i portici del centro dalla storia blasonata, affollato di immigrati. Nessuno dice di averla mai vista nemmeno nella macelleria halal, in fondo al viale alberato, dietro al banco c’è un pachistano che ricorda: "Sì, il babbo veniva qui a fare la spesa". Aggiunge: "I figli? Bisogna vedere come si educano in casa". Saman non frequentava neppure la moschea, davanti al supermercato, "veramente non conosciamo nessuno della famiglia, anche perché da quello che abbiamo sentito il padre è sciita, noi siamo sunniti", tiene a dire Salaheddine Hichami, 31 anni, marocchino e segretario del centro di preghiera.

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Ma allora dove sono le tracce? Le amiche, i luoghi delle passeggiate? La domanda rimbalza in sguardi perplessi, in trincee di silenzio, ad esempio alla scuola media Lelio Orsi che ha frequentato. E non sa rispondere nemmeno il sindaco Elena Carletti, 46 anni, figlia del leader dei Nomadi, Beppe, mammna e imprenditrice. Ma ci mette la faccia, letteralmente braccata dalle telecamere. Cos’è andato storto a Novellara città dell’accoglienza, con una delle più grandi comunità sikh d’Europa, gli immigrati residenti al 15%, e sono arrivati anche al 18? "Abbiamo passato queste settimane a ricostruire la storia di Saman – mette in fila il sindaco –. La cosa più preoccupante è che è riemersa solo nel momento dell’emergenza. Questo dimostra che se una persona esce dal contesto sociale, dalla scuola o dalla frequentazione di un corso d’italiano, diventa non tracciabile. Saman è arrivata nel 2016, ha fatto un anno scolastico brillante, ha imparato la lingua. Poi la famiglia ha detto che avrebbe proseguito gli studi. Però non è stata chiara. Si parlava di corsi online. Un tentativo di riportarla tra le mura di casa".

"La famiglia non voleva che Samman studiasse"

Dopo la fuga dell’anno scorso erano entrati in campo i servizi sociali. Poi la denuncia del matrimonio combinato, i protocolli, il tribunale, la comunità protetta nel Bolognese. Fino alla decisione di tornare a casa, era aprile. "È un paradosso ma in questi anni abbiamo lavorato tantissimo per le straniere – non si capacita Carletti –. Proprio perché dal primo mandato, nel 2014, abbiamo rilevato la stranezza dei corsi d’italiano frequentati al 90% da uomini immigrati. Ci siamo chiesti, dove sono le donne?".

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Il Comune ha messo al lavoro i mediatori, ha rivoluzionato gli orari e ha avuto "numeri incredibili", prima della pandemia 1.200 straniere di tutte le etnie hanno cominciato a frequentare lezioni di cucito o di scuola guida.

"Il Covid ci ha dato l’alibi per dire, ognuno sta a casa sua e si occupa dei suoi guai – è l’analisi del parroco don Giordano Goccini –. Ci sono sicuramente altre Saman, qui e altrove. A Novellara, la comunità civile e quella religiosa hanno fatto davvero molto. Non abbastanza".

Allora bisogna lasciare il centro e arrivare nelle campagne fuori paese per trovare qualche traccia della 18enne pachistana. Ivan Bartoli, titolare dell’azienda agricola Le Valli, fa uno slalom tra il traffico della provinciale e le telecamere e si amareggia: "Ho insistito tanto perché Shabbar la mandasse a scuola dopo le medie. Ha provato. Dopo un po’ ha cominciato a dire, studia su Internet, meglio. Lei, una ragazza davvero sveglia, diceva che il professionale era troppo facile. Ho insistito ancora, abbiamo provato con il liceo a Guastalla. Ma ci voleva il treno, doveva andare in mezzo agli altri. Non ci siamo mica riusciti".

Bartoli parla davanti a una porta rossa, chiusa dai sigilli della magistratura, la casa di Saman e della sua famiglia, qui dove c’è l’azienda, "certe volte incontravo la mamma che andava a buttare la spazzatura". Fine della vita sociale. Incredulo: "Il padre lavorava con noi dal 2005, il nostro factotum, molto bravo in campagna".

E lo ripete scioccata Khadija, 36 anni, marocchina, laureata, mamma di due bimbi, un matrimonio d’amore, come lo definisce. Vive in un casolare a qualche centinaio di metri dall’azienda di Bartoli, di fianco a quello abitato fino a un mese fa dai cugini di Saman. "Gente che non ha mai fatto casino prima, lavoravano e basta". Gli investigatori hanno passato al setaccio il rudere, anche qui hanno messo i sigilli. Lo sguardo di Khadija si fa triste: "È lei che doveva scegliere, non suo padre. Povera ragazza, a 18 anni si comincia a vivere...".