Venerdì 19 Aprile 2024

Salvini-Meloni, abbracci di pace "Vinciamo per governare insieme"

Baci e selfie tra i due leader per smentire le crisi. Ma si teme per le sfide più importanti: Milano e Roma

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di Antonella Coppari

L’abbraccio, infine. Dopo la pochade dell’appuntamento mancato, Salvini e Meloni provano a metterci una pezza. A Spinaceto, periferia sud della capitale, dove il centrodestra si è dato appuntamento per scrivere la pagina finale della campagna di Enrico Michetti, fioccano baci, sorrisi e selfie. "Siamo destinati a governare insieme", dice a fotografi e cameramen Matteo abbracciando Giorgia e sollevandola da terra. "Non stiamo insieme per interesse come a sinistra", rilancia lei. In coro denunciano un "clima di veleni mai visti", con la mente rivolta agli scandali che hanno coinvolto entrambi i gruppi. Fuori dalle inquadrature resta Tajani: "Antonio, ora facciamo una cosa a due. Le cose a tre le facciamo più tardi", chiosa il Capitano.

L’effetto scenico della riconciliazione è un po’ rovinato dal fatto che arriva all’ultimo secondo e, soprattutto, dall’endorsement che qualche giorno fa il leghista Giorgetti ha fatto a Calenda: "Ha le caratteristiche giuste per governare Roma". Malgrado i pronostici favorevoli in Calabria ("con Occhiuto, la regione riprenderà il suo sogno", assicura Berlusconi) e a Trieste, di unitario in questo momento nel centrodestra c’è poco: l’attenzione è concentrata sulla conta interna. Per la Lega il momento è durissimo. I rischi maggiori li corre proprio nella sua roccaforte, quella Milano da cui Bossi fece partire l’avventura del Carroccio. Una vittoria di Sala al primo turno avrebbe un effetto travolgente, ma le cose sarebbero messe ben peggio se la Meloni dovesse prendere mezzo voto in più. Finora la base dei rapporti tra i due partiti era quella divisione territoriale (Lega egemone al Nord, Fd’I al Sud) che Salvini puntava a rompere conquistando quote in Mezzogiorno. Le urne diranno se quel progetto è da archiviare come pensano Giorgetti e Zaia.

Ma se a piantare la sua bandierina sul Duomo fosse Fd’I i guai diventerebbero ben più seri. Mettiamo pure che a Torino Damilano – l’imprenditore coccolato da Giorgetti – ce la faccia, assai più nevralgica è la piazza romana, dove tutto pare giocarsi al secondo turno sullo stacco tra Michetti e quello dei tre campioni del centrosinistra che la spunterà. Nessuna paura, dunque? Non è così: c’è chi azzarda l’ipotesi di un ballottaggio fratricida tra Calenda e Gualtieri. Se molti a destra confluissero su Calenda che, a differenza di Michetti, ha ottime possibilità di spuntarla al ballottaggio, per la coalizione sarebbe uno tsunami e molti – non solo dentro Fd’I – presenterebbero il conto a Giorgetti.

La partita fondamentale, però, tra Giorgia e Matteo si gioca sul numero complessivo dei voti di lista: le previsioni danno Fd’I in crescita impetuosa, il sorpasso è possibile ma se anche si attestasse a un’incollatura dalla Lega il risultato sarebbe lo stesso. Per evitare uno showdown ci vorrebbe un miracolo. Fino ai ballottaggi la situazione resterà congelata, subito dopo la destra si troverà a un bivio: diventare una vera coalizione, rinunciando alla competizione interna e dotandosi di un assetto stabile, o affrontare le politiche correndo divisi, per ricongiungersi a urne chiuse. Nel primo caso la destra farà il possibile per mantenere l’attuale legge elettorale, che premia le coalizioni. Nel secondo virerebbe sul proporzionale. Non è escluso che un centrodestra rimasto orfano del leader Berlusconi opti per la soluzione peggiore. Difendere il Rosatellum e poi riprendere il gioco suicida dei fratelli coltelli.