Giovedì 25 Aprile 2024

Federazione centrodestra, Salvini e il Cav frenano sulla fusione

"Si farà, ma senza colpi di mano". Rinviate le riunioni di FI per decidere la proposta leghista. Il Capitano da Draghi: "Non ne ho parlato"

Il leader della Lega, Matteo Salvini

Il leader della Lega, Matteo Salvini

No, il dibattito no. Come Nanni Moretti, anche Berlusconi fugge terrorizzato alla prospettiva di una noiosissima discussione sulla federazione. Ieri, all’ultimo minuto, ha cancellato la riunione con i coordinatori regionali, quindi ha evitato di mettere in agenda oggi il comitato di presidenza come si aspettavano molti tra i suoi, e fatto rinviare la riunione dei deputati di stasera. Meglio far decantare la situazione, pur assicurando che "non ci saranno colpi di mano".

Simile l’atteggiamento di Salvini che – per prevenire il rischio di andare a sbattere – non sfiora nemmeno l’argomento nel colloquio con Draghi, malgrado gli annunci della vigilia. "Tutte le proposte della Lega hanno l’obiettivo di rafforzare il governo", si limita a dire. Compresa la manifestazione convocata per il 19 del mese (Prima l’Italia, lo slogan) nella Capitale su tutto e niente, così per festeggiare le riaperture post-Covid. Cerca di gestirla con più calma, senza trascinare nello scontro il premier. A cui dà rassicurazioni su giustizia e fisco: a cementare il patto, l’economia "in ripresa" per Palazzo Chigi, con un Pil che potrebbe spingersi oltre le attese, tanto da far ipotizzare a Salvini un’estate da "boom" per tutti, anche per le discoteche.

Una gelata, insomma, sui due fronti che fa da pendant alle proteste che sono venute fuori da Forza Italia: le più dure, quelle delle due ministre, Carfagna e Gelmini. Significa che l’operazione non si farà? Niente affatto, l’intenzione resta quella. "È un progetto utile e intelligente", scandisce l’azzurro Giorgio Mulè, interprete per alcuni degli umori della famiglia del Cavaliere. I due leader si sono accorti che la fretta sarebbe stata una cattiva consigliera, c’era il rischio che uscisse fuori una roba malfatta.

Di qui la scelta di rallentare la marcia che fa il paio con un altro rinvio: quello del vertice che questo pomeriggio avrebbe dovuto individuare i candidati sindaci della destra per Roma e Milano. Niente da fare, benché Giorgia Meloni l’avesse indicato la scorsa settimana come deadline. Ufficialmente, si tratta di aspettare alcuni sondaggi che dovrebbero indicare la via migliore, in realtà soprattutto sulla Capitale lo scontro è durissimo. Paradossalmente, sul fronte delle comunali la federazione è già operativa. Dall’interno di Forza Italia, con la dovuta discrezione, dicono senza mezzi termini che Michetti (sponsorizzato da Fd’I) non passerà mai, non certo con due componenti dell’alleanza su tre contrari. Gli azzurri insistono sulla Matone, la Lega spalleggia.

C’è un aspetto un po’ surreale in questa vicenda dei sindaci che accompagna la parabola della federazione: nessuno a destra sembra sperare nella vittoria e nemmeno preoccuparsene troppo. La partita è giocata in funzione degli equilibri interni. Con Giorgia Meloni decisa a cogliere l’occasione per lanciare il suo partito nella corsa finale verso il sorpasso, ma senza mettere in campo nomi tanto forti da poterle fare ombra. E i soci altrettanto decisi a impedirle di sfruttare la ghiotta occasione. È in questa bega che si sta forgiando la federazione.