Salvini, Di Maio si smarca: sto coi magistrati

Il Guardasigilli Bonafede: Matte, l'epoca del Cavaliere è finita

Luigi Di Maio e Matteo Salvini (Ansa)

Luigi Di Maio e Matteo Salvini (Ansa)

Roma, 8 settembre 2018 - Doppio schiaffo a Matteo Salvini firmato 5 Stelle. Prima il Guardasigilli Alfonso Bonafede, poi il vicepremier Luigi Di Maio affrontano a muso duro l’alleato di governo. "Chi sta scrivendo il cambiamento non può pensare di far ritornare l’Italia nella Seconda Repubblica. Non credo che Salvini abbia nostalgia di quando la Lega governava con Berlusconi – ironizza Bonafede –. Rievocare toghe di destra e di sinistra è fuori dal tempo". Ma in serata il premier Giuseppe Conte non esita a avvisare: "Immaginate un leader di un partito che non può più disporre di un euro per poter svolgere attività politica. Capisco lo scoramento di Salvini. Se non avessi fatto il premier mi sarei offerto per difendere la Lega".

La pressione giudiziaria sul leader leghista per la sentenza di restituzione dei fondi del Carroccio e per l’inchiesta sul caso Diciotti, in cui è indagato per sequestro di persona aggravato, alimenta una polemica pericolosa per toni, argomenti, iperboli. "Per la Lega è un momento difficile", riconosce Di Maio, prima di assestare un formidabile uppercut: "Non ritengo giusto che non si rispetti la magistratura. Ci vuole rispetto per la magistratura – è la linea del leader pentastellato –. Non scateniamo una guerra o i cittadini ci diranno: ‘State combattendo o governando?’".

"Chi rappresenta le istituzioni, tanto più se a un livello così elevato, ha il dovere di rispettare la legge e la Costituzione al pari di qualunque altro cittadino – attacca il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Giovanni Legnini –. La procura di Palermo merita rispetto essendosi limitata a espletare un’attività prevista dalla legge costituzionale n. 1/1989, che scandisce precise procedure e prevede robuste garanzie per i componenti del Governo quando essi agiscono per la tutela di un interesse dello Stato o di un preminente interesse pubblico". Parole nette che lasciano intuire un confronto preventivo con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, preoccupato per l’evidente cortocircuito istituzionale.

Eugenio Albamonte, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, si proclama "sconcertato" per il "livello di conflitto che si vuole sollecitare, mai così alto nella storia del Paese: il golpe giudiziario è fuori dalla ragionevolezza e dalla realtà". "La magistratura – aggiunge il leader delle toghe – deve poter svolgere il suo ruolo senza essere strattonata e indicata al ludibrio del proprio elettorato. Quando invece si fa il paragone con la Turchia come parametro deteriore, quando si dice che i magistrati dovrebbero occuparsi d’altro, quasi a voler dettare l’agenda di un altro potere, si dà uno spettacolo non adeguato".

"Non siamo di fronte alla valutazione critica di provvedimenti e iniziative giudiziarie che in uno stato di diritto è legittima ed essenziale, ma ad affermazioni inaccettabili che evidenziano toni e contenuti intimidatori", affermano in una nota la segretaria di Magistratura democratica Mariarosaria Guglielmi e il presidente Riccardo De Vito: "Contrapporre l’accertamento giudiziario alla volontà elettorale significa riproporre una visione falsamente democratica del potere".

L’ex premier Matteo Renzi (Pd) graffia così il leader leghista: "L’idea che chi è stato eletto parlamentare o siede al governo possa violare tranquillamente la legge è aberrante. Salvini butta tutto sull’immigrazione per un preciso calcolo. Sa che la Lega deve restituire 49 milioni di euro. Sa che c’è una sentenza. Quindi prova a diventare un martire e cerca lo scontro coi magistrati siciliani». Per Renzi «c ’è solo un messaggio da ripetere fino alla noia: Salvini restituisci i soldi che la Lega ha rubato agli italiani". "Tutto il resto – chiude il senatore dem – è solo un vile tentativo di screditare le istituzioni".

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