Domenica 11 Maggio 2025
ALEX LUNG
Cronaca

Come viene conservata la salma di Papa Francesco per l’esposizione: cos’è la tanatoprassi

L'intervento serve a permettere l'esposizione e la conservazione del corpo fino a due settimane dopo il decesso, tardando la decomposizione. Ma non sempre tutto va liscio

Come viene conservata la salma di Papa Francesco per l’esposizione: cos’è la tanatoprassi

Roma, 22 aprile 2025 – A partire da domani, mercoledì 23 aprile, i fedeli potranno portare i loro omaggi alla salma di Papa Francesco, che come da tradizione sarà esposta nella Basilica di San Pietro prima del funerale, che si svolgerà sabato 26 aprile.

Il corpo di Papa Francesco è stato sottoposto a una serie di trattamenti particolari per essere preservato senza problemi fino alla data delle esequie e alla successiva sepoltura. Non si tratta però di imbalsamazione, che è invece un processo che mira alla conservazione della salma potenzialmente in eterno. Un esempio è il corpo di Lenin, che dal 1924 è esposto nel mausoleo in piazza Rossa a Mosca. La salma di Bergoglio, invece, andrà in contro ai naturali effetti del tempo entro due settimane: il processo di tanatoprassi – questo il nome – non fa che tardare tali effetti.

D'altro canto, invece, questa pratica velocizza la trasformazione in polvere dei resti, che impiega così appena dieci anni. Una salma non trattata richiede fino a 40-80 anni.

SALMA PAPA FRANCESCO
La salma di Papa Francesco composta nella bara dentro la cappella di Santa Marta (ImagoE)

L'attività principale della tanatoprassi consiste nell'iniettare un liquido conservativo nella salma: sarà questo a permettere di mantenere un'immagine integra del defunto. Non esiste, tuttavia, un metodo unico per portarla a termine: il tutto dipende dai professionisti coinvolti. A trattare la salma di Benedetto XVI era stato Andrea Fantozzi, che aveva collaborato anche alla tanatoprassi a cui era stato sottoposto il corpo di Giovanni Paolo II nel 2005.

Non tutto è andato sempre liscio. Nel 1958 molte sono state le peripezie collegate alla salma di Pio XII, a seguito dell'intervento conservativo dell'archiatra Riccardo Galeazzi Lisi. Innanzitutto, il medico corrotto vendette alla stampa una serie di foto scattate di nascosto che ritraevano il pontefice durante la sua dolorosa agonia. Poi, mise in atto una pratica che aveva del bizzarro, e che consisteva nell'avvolgere la salma in diversi strati di cellophane insieme a oli e resine, che secondo Galeazzi Lisi erano stati utilizzati per conservare il corpo di Gesù Cristo. Ma ciò non fece che innalzare la temperatura del cadavere, velocizzando la decomposizione.

Durante la traslazione del pontefice da Castel Gandolfo – dove era morto – al Vaticano, i gas frutto della decomposizione nell'addome lo fecero letteralmente esplodere. Fu necessario dunque un secondo intervento d'emergenza. A San Pietro, durante l'esposizione ai fedeli, i miasmi erano così forti da rendere necessario un continuo cambiamento delle guardie svizzere poste ai lati del catafalco per evitare il loro svenimento. Non solo: il corpo del papa perdeva liquidi, il volto si colorò di grigio e si riempì di centinaia di piccole rughe, a cui si aggiunse un sorriso sinistro che esponeva i denti. Si rese quindi necessario un terzo intervento di conservazione, condotto sul corpo nudo di Pio XII sul pavimento della basilica. Da allora fino ai funerali, la salma fu esposta con una maschera sul viso, per nascondere la decomposizione. Galeazzi Lisi fu radiato dall'Ordine dei Medici e bandito a vita dal Vaticano.