Tensione Iran, contatti col Venezuela: gerarchi trattano l'asilo. "Ora il regime ha paura"

Eseguita la prima condanna a morte per le proteste. La polizia spara ai genitali e al seno delle donne in piazza. La storica Sabahi: "La Repubblica Islamica può cadere"

Roma, 9 dicembre 2022 - Una protesta che potrebbe portare a un ribaltamento del regime, ma il cui esito rimane incerto e non positivo per le migliaia di persone in piazza. Farian Sabahi, storica contemporanea, docente di History and Politics of Iran alla John Cabot University e advisor del Guarini Institute, spiega perché, nonostante il coraggio dei manifestanti, le proteste in Iran potrebbero non avere un lieto fine.

Professoressa Sabahi, le proteste in Iran continuano da mesi. Ora è arrivata anche l’indiscrezione che almeno quattro funzionari starebbero cercando asilo politico in Venezuela, temendo il crollo del regime. Come può essere letta secondo lei questa notizia? "La notizia arriva da Iran International, un’emittente saudita, che certo non ha a cuore il bene dell’Iran e degli iraniani in generale, ma mi sembra plausibile. Una way out la leadership della Repubblica Islamica se l’è creata da tempo. Gli attivisti mi hanno raccontato che a Caracas ci sono interi condomini la cui costruzione è stata finanziata da Teheran, intesa come istituzioni pubbliche. Ho motivi per pensare che non siano solo quattro i funzionari che stanno pensando a un avvenire in Venezuela, ma non solo. Il Cile è un altro Paese molto gettonato".

Mohsen Shekari, 23 anni, è il primo giustiziato a causa delle proteste
Mohsen Shekari, 23 anni, è il primo giustiziato a causa delle proteste

Iran, giustiziato il primo manifestante dall'inizio delle proteste

Come si inquadra questa notizia, che lei stessa ha definito plausibile, nella situazione interna del Paese, con proteste che vanno avanti incessantemente da settembre? "La possibilità di un crollo della Repubblica Islamica è ammissibile se le proteste andranno avanti ancora per un po’. Ci sono cedimenti che si possono vedere da due avvenimenti degli scorsi giorni. Il primo è l’abolizione della polizia morale. Lo aveva detto il capo della magistratura, che non è l’autorità preposta a questo ruolo, e poi il ministero degli Interni non lo ha mai confermato. Il fatto che se ne sia parlato e non sia stata attuata significa che non c’è una linea univoca ai vertici. E poi c’è la notizia, data e poi smentita, del blocco dei conti correnti per le donne che non portano il velo. Queste azioni che poi non trovano attuazione suggeriscono che in questo momento c’è una corrente più integralista e una più incline al compromesso. Ci sono più anime e spaccature evidenti all’interno della leadership".

In una situazione così complessa, quali sono i possibili scenari? "Il primo scenario può essere una repressione molto dura, ancora più dura di quella attuale. Alcuni in Iran dicono che la repressione al momento ha il freno a mano tirato rispetto al 2019, quando secondo gli attivisti, i morti erano stati 1.500".

E se le proteste dovessero comunque continuare? "In questo caso si dovrà tenere conto anche di possibili interventi dall’estero, che potrebbero portare a un cambio di regime. Però i dimostranti non hanno né un programma politico, né rivendicazioni comuni, né un leader. Possono succedere tre cose. Una spallata dei pasdaran, con cui passiamo da una Repubblica Islamica a una meno religiosa, ma più militare. Oppure un ritorno della monarchia. C’è poi il terzo scenario, il più pericoloso".

Quale? "Potrebbero insediarsi i mujaheddin del popolo, anche grazie all’Occidente. Si tratta di un gruppo che nel 1981 prese le parti di Saddam Hussein nella guerra Iran-Iraq. Furono responsabili di attentati contro i civili iraniani. In Iran sono considerati nemici della patria".