Rubli per il gas, la Ue non si piega "Contratti chiari: paghiamo in euro"

Mosca tiene aperto uno spiraglio: "Potremmo fare un passo indietro, a fine mese decideremo tutto"

di Elena Comelli

L’Europa risponde compatta e rifiuta il ricatto di Vladimir Putin di pagare in rubli le forniture di gas, mentre dal Cremlino arriva la precisazione: i conti si faranno a fine mese e comunque "nulla è scolpito nella roccia". Dopo il deciso no al pagamento in rubli espresso anche al vertice Ue della scorsa settimana dai capi di Stato e di governo, le capitali restano unite nel cercare un approccio coordinato per far fronte agli annunci di Mosca e nell’indicare che le aziende europee continueranno a pagare nella valuta concordata. Ieri mattina gli ambasciatori Ue si sono incontrati per discutere la questione e dalla riunione è emersa una chiara indicazione da parte di tutti i 27 sul fatto che i contratti debbano essere osservati e rispettati nelle valute previste, vale a dire euro o dollari. D’altra parte gli esperti degli Stati membri e della Commissione Ue stanno analizzando il decreto e non sono ancora giunti a una conclusione sulla validità del meccanismo di pagamento e sul suo possibile funzionamento. È escluso, comunque, che qualche società dei Paesi più esposti possa decidere di usare i rubli. "Con i nostri partner del G7 abbiamo espresso la nostra posizione: i contratti concordati devono essere rispettati. Il 97% dei contratti in questione prevede esplicitamente il pagamento in euro o dollari. Le aziende interessate non dovrebbero aderire alle richieste russe", precisa un portavoce della Commissione.

La Russia, da parte sua, smussa i toni. Di fronte alla domanda se Mosca possa fare un passo indietro sul decreto del pagamento in rubli, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha risposto: "Sì se le circostanze cambiano, perché nulla è scritto nella roccia, ma noi vediamo il rublo come l’opzione preferibile e più affidabile per noi". Peskov ha anche confermato che la Russia non ha nessuna intenzione di interrompere immediatamente il flusso ai Paesi che non vogliono pagare in rubli, perché i conti si fanno come sempre a fine mese. Il pagamento in rubli – ha aggiunto Peskov – non verrà richiesto "retroattivamente" sulle forniture già avvenute e ancora da pagare.

Le ripercussioni sul mercato del gas si sono sentite subito, con un deciso calo dei prezzi a fine giornata, dopo il picco di ieri mattina, quando Gazprom aveva interrotto le spedizioni di gas russo in Germania attraverso il gasdotto Yamal-Europe, riprese poi in tarda mattinata in senso contrario, ovvero dalla Germania alla Polonia, rispetto alla normale direzione. Le quotazioni a fine giornata sono scese in modo consistente ad Amsterdam (-10,9%) a 112,1 euro al MWh. In discesa anche i future a Londra (-14%) a 257 penny al Mmbtu (unità termica).

Dal governo italiano, intanto, è arrivata la smentita sull’attivazione dello stato d’allarme relativo alla crisi energetica. Permane lo stato di pre-allerta, che comporta il costante monitoraggio della situazione, ha reso noto Palazzo Chigi. In Germania, invece, è già stato esercitato il primo livello di allarme. Al contempo, Gazprom ha annunciato di voler cedere la sua filiale tedesca. Proprio ieri si erano diffuse voci sul fatto che il ministero dell’Economia tedesco, per scongiurare possibili fallimenti, stesse considerando la nazionalizzazione o l’esproprio delle filiali tedesche di Gazprom e Rosneft.