Rovigo: metà del personale è no vax. Focolaio e morti in geriatria

Sedici tra infermieri e operatori sociosanitari (su 36) hanno rifiutato l’iniezione . La denuncia partita da una famiglia. I sindacati: non scaricate sui lavoratori

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Due decessi e 35 contagiati, questo il bilancio del focolaio esploso nei giorni scorsi all’interno del reparto di geriatria dell’ospedale di Rovigo. Un focolaio che, dalle ricostruzioni dell’Usl 5, è iniziato il 1° febbraio con i primi due casi per arrivare in pochi giorni a contare 30 pazienti e 5 operatori sanitari positivi. Nel reparto di geriatria – dove sono morti due pazienti – hanno rifiutato di fare il vaccino 8 infermieri su 24 (quindi il 33% del personale) e 8 operatori sociosanitari su 12 (66% degli oss di geriatria).

Un quadro che ha scatenato una forte polemica con tanto di esposto di un familiare di un anziano che ha presentato denuncia in Procura. L’Usl è pronta a prendere provvedimenti, anche legali nei confronti del personale che ha rifiutato il vaccino. "Non sappiamo se vi sia un nesso con il contagio, ma valuteremo se vi sono elementi per un procedimento", le parole del commissario Antonio Compostella. Una dichiarazione che ha innescato una ferma condanna della Cgil. "Il commissario scarica sugli operatori sanitari la responsabilità del terzo cluster nel reparto – dice Riccardo Mantovan di Fp Cgil –. Riteniamo scandaloso il suo comportamento. Invece di affrontare quanto successo colpevolizza gli operatori sanitari che si sono fatti in quattro per tenere a galla un sistema carente e senza direzione da 5 anni".

Schierati dalla parte dei lavoratori i sindacati pretendono le scuse e un maggiore impegno a ricercare le cause di quello che è successo in geriatria. "Un terzo focolaio, con 30 degenti infetti ed un numero imprecisato di operatori – precisa Mantovan –, gli stessi che avevano già contratto il Covid quando si era verificato il primo focolaio. Operatori che non si sono ancora vaccinati per motivi che non hanno nulla a che fare con i no vax". Anche l’ordine dei medici è intervenuto proponendo che gli operatori venissero indirizzati ad altre mansioni.

"È un dovere morale vaccinarsi, soprattutto in ambiente ospedaliero dove ci sono persone fragili e con patologie – commenta il presidente Francesco Noce –. È una questione etica, per non arrecare danni agli altri. Il vaccino non è obbligatorio, ma se si sceglie di non farlo è bene valutare anche di dedicarsi ad incarichi che non prevedano il contatto con persone malate. Non è dimostrato che la mancata vaccinazione sia legata al focolaio, ma potrebbe capitare in futuro e avere conseguenze gravi".

Il dibattito nei giorni scorsi si era ulteriormente infiammato dopo che la Cgil era stata accusata di proteggere i no-vax. "Ci vediamo costretti a respingere al mittente l’affermazione del commissario – rispondeva il segretario generale Cgil Pieralberto Colombo –: vaccinarsi è prima di tutto questione di responsabilità collettiva e salute pubblica". Una polemica sulla responsabilità che per ora non accenna a spegnersi, nonostante il commisario dell’Usl abbia ipotizzato che il focolaio sia nato da un paziente, risultato negativo al primo tampone perché ancora in fase di incubazione.