Roma, unica regia dietro i roghi: la capitale ferita si scopre sotto assedio

Da giugno quasi 200 incendi e l’ombra degli interessi criminali sui rifiuti. La magistratura apre un’inchiesta. La giunta presenterà un esposto

La capitale d’Italia è sotto attacco. Degli interessi criminali, della sua ignavia e le sue contraddizioni e anche di una politica storicamente incapace di governarla. A Roma, riemersa dalla opaca stagione pentastellata carica di aspettative, la colpa è sempre di qualcun altro. E il risultato è l’immobilismo e il degrado.

Questa è l’estate degli incendi – oltre 190 quelli rilevanti dal 15 di giugno – iniziata con un colpo al cuore al già traballante, arcaico, sottodimensionato sistema di raccolta dei rifiuti. Obiettivo, centrato, il secondo Tmb (il "trattamento meccanico biologico") di Malagrotta, raso al suolo dalle fiamme. Ovviamente, non è un caso. È bastato che il sindaco Gualtieri annunciasse la volontà di costruire un termovalorizzatore e di rivoluzionare il sistema di trattamento dei rifiuti che è arrivata la risposta. Incendio ad uno degli impianti residui, emergenza immediata, le strade che si riempivano di rifiuti quasi come nei periodi peggiori della giunta Raggi. Disastro di immagine e di igiene. Una manna per le centinaia di cinghiali che dai parchi attorno a Roma sciamano felici nei quartieri settentrionali e occidentali.

La colonna di fumo nero nel cielo di Roma
La colonna di fumo nero nel cielo di Roma

Tuttora il problema rifiuti aperto da quel rogo è irrisolto: probabilmente si arriverà in settimana al commissariamento del Tmb (oggi chiuso) di Guidonia e alla riapertura della discarica di Albano (ferma da anni), affidando le strutture a due commissari straordinari. Altre due pezze, fino al prossimo incendio. Certo è che la messa fuori uso dei due Tmb di Malagrotta non era un caso e infatti sono venuti altri roghi. Da quello devastante di Pineta Sacchetti/Balduina a quello di sabato al parco archeologico di Centocelle e alla zona di viale Palmiro Togliatti che ha coinvolto una decina di impianti di autodemolitori, chiusi da cinque anni per la scadenza delle autorizzazioni ma che nessuno ha pensato di trasferire in aree attrezzate al di fuori del Grande raccordo anulare. E così quando l’incendio è arrivato – partito, pare, dall’ex campo nomadi del Casilino 900, sgomberato ma mai bonificato e ora zona di smaltimento abusivo di rame e altro – ha trovato materiali altamente infiammabili che hanno trasformato il rogo in un disastro. "Dietro quasi tutti gli incendi c’è di mezzo la filiera dei rifiuti. Presenteremo un esposto in procura. Ci sarà anche una relazione della protezione civile" ha detto Sabrina Alfonsi, assessora all’ambiente e ai rifiuti di Roma Capitale. La magistratura, che già indaga sugli altri roghi, inserirà tutto in un fascicolo unico.

Certo, l’incapacità di gestire il territorio è palese. Con una estate di siccità annunciata nessuno ha fatto un piano incendi, lo sfalcio dell’erba e la potatura di alberi nei parchi è stato fatto solo nelle aree verdi più pregiate, la vegetazione incontrollata deborda. Le opposizioni attaccano, Gualtieri invita ad "evitare speculazioni politiche" ma il teatrino della politica sembra ostaggio delle manine che accendendo i roghi mandano in fumo la sete di normalità di una città nella quale gli interessi organizzati, specie quelli opachi, prevalgono su quelli della comunità. Il tema è ormai nazionale: una Roma allo sbando è l’immagine di un Paese.