Caso Maugeri, Formigoni condannato: è in carcere a Bollate. La difesa chiede i domiciliari

Travolto dall’inchiesta sulla sanità: pena definitiva di 5 anni e 10 mesi. Formigoni è apparso "sereno" durante i colloqui con gli operatori del carcere

L'arrivo di Roberto Formigoni nel carcere di Bollate

L'arrivo di Roberto Formigoni nel carcere di Bollate

Milano, 22 febbraio 2019 - Il sostituto procuratore generale di Milano Antonio Lamanna ha firmato, questa mattina alle 9.30, l'ordine di esecuzione della pena per l'ex governatore lombardo Roberto Formigoni, condannato ieri in via definitiva dalla Cassazione a cinque anni e dieci mesi nel processo per il caso Maugeri-San Raffaele. Ad eseguire il provvedimento sono stati delegati i Carabinieri, che in effetti si sono presentati nell'ultimo domicilio per notificargli il provvedimento, ma nel frattempo, Formigoni si è costituito spontaneamente in carcere a Bollate. Non è ancora chiaro se starà in cella da solo o con altri detenuti. "Per lui individueremo la soluzione piu' idonea", ha detto la direttrice del carcere di Bollate, Cosima Buccoliero.

L'ex presidente della Regione si sta sottoponendo alla trafila burocratica che spetta a ogni detenuto al suo ingresso: dal fotosegnalamento alla raccolta della impronte digitali e alle visite mediche, particolarmente approfondite nel caso di reclusi con età avanzata. Formigoni è apparso "sereno" e "tranquillo" agli operatori del carcere di Bollate con i quali ha sostenuto una serie di colloqui. Colloqui tra cui quello con un educatore incaricato di capire se, in base alle condizioni psicologiche, ci siano misure particolari da adottare per tutelare la sua salute. Da quanto è trapelato sono in corso le valutazioni per stabilire quale sia la cella idonea ad ospitarlo considerando la compatibilità con i compagni con cui dovrà dividere uno spazio ristretto.

In appello l'ex presidente della Regione Lombardia aveva avuto sette anni e sei mesi. In suo favore gli ermellini hanno ritenuto prescritto un capo di imputazione riguardante la corruzione rispetto al crack dell'ospedale San Raffaele. Intanto, gli avvocati Mario Brusa e Luigi Stortoni hanno presentato un'istanza di sospensione dell'ordine di esecuzione, chiedendo quindi - come ci si aspettava - che la pena venga scontata ai domiciliari. Perché, sostengono, Formigoni ne avrebbe diritto in quanto ultra 70enne (ha 72 anni) e anche perché la 'Spazzacorrotti' appena introdotta dal nuovo governo non si applicherebbe a questa sentenza in quanto legge posteriore ai fatti oggetto del processo. Il sostituto pg Lamanna, per il momento, ha inviato l'istanza dei difensori di Formigoni alla Corte d'Appello, che dovrà decidere, allegando però il suo parere negativo. L'istanza, quindi, non ferma l'ordine di carcerazione, ma verrà valutata successivamente.

Alla fondazione Maugeri, importante polo sanitario del Pavese, l’ex numero uno lombardo avrebbe garantito, secondo l’accusa, finanziamenti legati a rimborsi non dovuti per quasi 200 milioni di euro. Denaro in parte distratto dal faccendiere Pierangelo Daccò (che parteggiò 11 anni e 7 mesi in appello) e dall’ex assessore lombardo alla Sanità Antonio Simone (pure lui uscito dal processo con un patteggiamento a 4 anni e 8 mesi), accusati di aver sottratto nel giro di un decennio 70 milioni di euro dalle casse della Maugeri e 9 milioni da quelle dell’ospedale San Raffaele. Un fiume di soldi, di cui 6,6 milioni sarebbero serviti per corrompere l’ex governatore con viaggi, cene e altre "utilità". Accuse che Formigoni ha sempre respinto giustificando vacanze e benefit come "favori tra amici". La Corte d’appello di Milano però non gli credette: proprio le "vacanze a spese altrui", scrissero i giudici nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, rappresentano il prezzo della sua corruzione.