Rivoluzione al Tesoro. Finisce l’era Rivera, il guardiano dei conti da Monti a Draghi

Giorgetti si arrende: Meloni sostituisce il super direttore del ministero. Al suo posto Riccardo Barbieri, tecnico comunque apprezzato dal ministro. Confermato Mazzotta alla Ragioneria, dove era stato nominato da Conte

Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti

Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti

Roma, 20 gennaio 2023 - Il governo non ha usato il "machete", come aveva annunciato qualche settimana fa (sia pure rettificando il tiro dopo qualche giorno) Guido Crosetto, ministro della Difesa e gran consigliori della premier Giorgia Meloni. Ma è indubbio che la scure dello spoils system, avviata da qualche settimana, si è abbattuta, almeno in parte, anche sul Ministero dell’Economia. A farne le spese il direttore generale, Alessandro Rivera, che dovrà lasciare la sua poltrona al responsabile del Dipartimento di Analisi economico finanziaria del Tesoro, Riccardo Barbieri. Resta al suo posto, al vertice della Ragioneria, Biagio Mazzotta, altra posizione chiave nella tolda di comando dei conti pubblici. L’altra nomina, proposta ieri dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è quella di Ilaria Antonini, che guiderà l’Amministrazione Generale del personale e dei servizi, altro posto strategico del dicastero di via Venti Settembre. E poi il cdm ha nominato anche Luigi Maruotti presidente del Consiglio di Stato e l’ambasciatore Riccardo Guariglia segretario generale della Farnesina.

L’addio di Rivera è di quelli che lasciano il segno. Cinquant’anni, nato a l’Aquila, una carriera nelle istituzioni, apprezzato da tutti i ministri che si sono avvicendati negli ultimi anni in via Venti Settembre, da Padoan a Visco, da Siniscalco a Padoa-Schioppa, da Monti a Saccomanni fino a Gualtieri. Insomma, un grand commis indifferente al colore politico del ministro di riferimento. Da direttore generale si è occupato dei più importanti dossier finanziari, da Banca Etruria al salvataggio della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Fino alla serrata trattativa con Bruxelles su Mps. Un punto di riferimento di cui Giorgetti avrebbe preferito non fare a meno. Una posizione diversa da quella maturata a Palazzo Chigi e orientata per un’applicazione sistematica dello spoils system. I tempi a disposizione, del resto, si erano fatti davvero molto stretti. Secondo la legge Bassanini sulla Pubblica amministrazione, gli "incarichi di funzione dirigenziale cessano decorsi novanta giorni dal voto di fiducia del governo", quindi il 24 gennaio. Alla fine, però, è prevalsa una linea di compromesso.

Il successore di Rivera, Riccardo Barbieri, è una nomina interna e un "tecnico" molto apprezzato da Giorgetti. A questo bisogna aggiungere un ulteriore dato. Uno dei motivi che avrebbe spinto il ministro a difendere Rivera era il suo riconoscimento a livello europeo. Il suo avvicendamento avrebbe potuto creare qualche malumore. Ma il successore, un bocconiano con una lunga esperienza in alcune delle più importanti banche di investimento mondiali, ha accumulato un forte credito internazionale e un generale apprezzamento a Bruxelles.

Non a caso, negli ambienti Ue, la scelta viene vista nel segno della continuità. Nella stessa direzione la conferma di Mazzotta alla Ragioneria. Con la trattativa sul Pnrr entrata nella fase più calda e con le incognite che si profilano sull’orizzonte dell’economia internazionale, le mosse di Giorgetti continuano ad essere guidate dalle stelle polari della prudenza e del rigore. La stessa strategia seguita per la manovra e condivisa da Palazzo Chigi.