
Dopo le polemiche per la sua assenza in prima linea mentre il Paese scavava tra le macerie e contava i quasi 3mila morti del terremoto, il re del Marocco Muhammad VI (foto) è riapparso: ha visitato i feriti nell’ospedale universitario di Marrakech e ha donato il sangue per loro. Dalla notte del sisma non si era mai fatto vedere, limitandosi a decretare tre giorni di lutto nazionale e a lanciare un appello alla preghiera, attirando su di sé una valanga di critiche che si aggiungono a quelle di chi lamenta ritardi nei soccorsi, soprattutto nelle zone di montagna, quelle dell’epicentro del terremoto dove si registra oltre la metà delle vittime.
Rimasti per giorni isolati, con le strade interrotte, senza acqua né cibo, di quei villaggi rimane ben poco. E i soccorsi che dopo quasi quattro giorni dalla devastante scossa sono riusciti a raggiungerli potranno dare sostegno e aiuto solo a chi ce l’ha fatta. Le speranze di trovare qualcuno ancora in vita, sotto i cumuli di macerie delle case costruite con mattoni di fango, sono poche. Anzi pochissime. "Stanno svanendo", ha ammesso il responsabile della Croce Rossa marocchina. Sono arrivate le squadre dei volontari. Ma anche quelle di Madrid e Londra, che insieme al Qatar e agli Emirati sono gli unici Paesi da cui Rabat, non senza polemiche, ha accettato l’aiuto. Gli spagnoli del Servizio di assistenza medica urgente di Siviglia sono stati i primi a raggiungere il villaggio di Anerni, di circa 500 abitanti, uno dei più vicini all’epicentro.