Rischio trombosi dopo il vaccino. Lo studio: "Ecco sintomi e cura"

Terapia specifica scoperta da un team italiano. Paolo Zamboni (Università di Ferrara): si guarisce in due giorni

Paolo Zamboni, 64 anni, dirige la chirurgia vascolare dell’Università di Ferrara

Paolo Zamboni, 64 anni, dirige la chirurgia vascolare dell’Università di Ferrara

Rischi da vaccino, c’è una ricerca, fatta da un pool di quattordici medici e scienziati italiani, destinata oltre che alle Procure siciliane che stanno indagando, a seguito di esposti, su alcune ’morti sospette’, anche al Ministero della Salute, all’Aifa e all’Ema. È Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara a fare da portavoce, evidenziando la rilevanza della scoperta che nei prossimi giorni sarà pubblicata sulla più accreditata rivista internazionale di ematologia.

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Professor Zamboni, da cosa partiamo?

"Conosciamo intanto il nome del nostro nemico occulto. Parliamo della Vitt, che sta per vaccine inducted trombosis, rarissima e sicuramente attribuibile alla vaccinazione. È originata dalla creazione nell’organismo di anticorpi che snatura il ’Pf-4’, il fattore piastrinico che equilibra la coagulazione del sangue. In questo modo si originano trombosi in punti diversi da quelli attuali, e sino ad oggi con esiti talvolta letali".

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Qual è la novità della ricerca?

"Che si può riconoscerla da sintomi chiari, e individuarla con esami di laboratorio: l’emocromo con piastrine, il fibrinogeno e il D-Dimero. Si fanno rapidamente, e può essere somministrata una terapia specifica a base di gamma globuline, prednisolone e fondaparinux: in due giorni c’è la regressione totale".

Quali sono i sintomi?

"Cefalea intensa e atipica, dolori al collo e addominali, gonfiori estesi a braccia e gambe".

Cosa fa dire che c’è una relazione certa con la vaccinazione?

"Abbiamo analizzato, sia attraverso autopsie che con test di laboratorio, tutte le possibili cause, anche minime, che avrebbero potuto innescare altrimenti quel tipo di trombosi con emorragia finale".

Avete verificato che le persone non fossero predisposte al rischio trombosi?

"Anche questa è una novità, il Vitt prescinde dalla storia clinica di ciascun individuo. Molte persone, oggi, sono convinte che ci siano fattori che espongono di più agli effetti collaterali, e invece dopo centinaia di prove possiamo dire che è un evento slegato".

Si è detto poi che il rischio maggiore fosse collegato ad AstraZeneca.

"So che voleva chiedermi se c’è un vaccino meno sicuro. Posso garantirle che le differenze con Pfizer e Moderna sono minime. Il Vitt è un effetto collaterale, perché ora possiamo definirlo e affrontarlo come tale, raro con AstraZeneca, e ancor di più con gli altri vaccini".

Possiamo stimare l’entità potenziale di casi?

"Parliamo di una persona ogni 300-400mila. Un centinaio dunque in Italia. Per le quali ora il pericolo di esiti gravi o addirittura fatali può essere evitato con una diagnosi e una terapia precoce".

Tutto è nato dagli esposti ricevuti dalle procure del sud. C’è un ’paziente zero’?

"Non posso entrare in dettagli, mi limito a dire che si è trattato di una donna di 37 anni. E aggiungo, benedetti procuratori!"

E perché mai?

"Perché dall’anno scorso la ricerca ha avuto grossi limiti, anche a livello ministeriale, per svolgere autopsie in sale sicure e attrezzate come quella del collega Cristoforo Pomara, che fa parte del team. Aver potuto svolgere questi esami, sia pure per motivi forensi, ha portato a precisare rari effetti della vaccinazione, concatenando eventi e identificando sintomi e terapia".

Ora ne beneficerà l’intera comunictà scientifica.

"Siamo in contatto con équipe straniere che lavorano sulla stessa strada. Ma ritengo che contribuirà anche al miglioramento, già in atto, dei vaccini"

Ultima cosa, non irrilevante: questo può incidere sulla campagna vaccinale, in qualche modo rallentandola?

"Tutt’altro. Il vaccino è fondamentale, avere ora le armi per gestire un effetto rarissimo ma curabile come il Vitt deve addirittura spingere le persone ad abbandonare paure o false convinzioni".

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