Rigopiano, 22 archiviazioni. Anche per i tre ex governatori

Lo ha disposto il gip di Pescara. L'amarezza del padre di Stefano Feniello, una delle vittime: "Alla fine è colpa di chi stava in hotel". Il 18 gennaio 2017 una valanga travolse il resort uccidendo 29 persone

Le vittime della valanga di Rigopiano (Ansa)

Le vittime della valanga di Rigopiano (Ansa)

Pescara, 3 dicembre 2019 - Archiviazione per i 22 indagati nell'inchiesta principale sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), dove il 18 gennaio 2017 una valanga travolse il resort provocando la morte di 29 persone. E' il gip del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, a disporre l'archiviazione: "Non si ritiene che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione (in quanto irrilevanti) possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pm, non potendo sminuire le considerazioni da questi assunte nella richiesta di archiviazione e condivise da questo giudice. Pertanto può affermarsi che le risultanze investigative non permettono di sostenere l'accusa in giudizio". Sotto processo rimane il titolare del resort, e altre figure pubbliche minori, dei 25 indagati di partenza (24 persone fisiche e una società) nell'inchiesta principale.

I vigili del fuoco durante le operazioni di salvataggio

Cadono le accuse anche per gli ex governatori della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, e per gli assessori che si sono succeduti alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca. Archiviazione per l'ex sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli, per la funzionaria della Protezione Civile Tiziana Caputi, per l'ex vice presidente della Regione Abruzzo Enrico Paolini, per l'ex direttore generale della Regione Abruzzo Cristina Gerardis, per Giovanni Savini, direttore del Dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014, per Silvio Liberatore, responsabile della sala operativa della Protezione civile, per Antonio Iovino, dirigente del servizio di Programmazione di attività della protezione civile, per Vittorio Di Biase, direttore del Dipartimento opere pubbliche fino al 2015 e per Vincenzino Lupi, responsabile del 118. 

DRONE_20020395_170106

In questo procedimento niente neanche per Daniela Acquaviva, funzionaria della Prefettura di Pescara nota per avere risposto telefonicamente al primo allarme lanciato telefonicamente dal ristoratore Quintino Marcella (Ma la telefonata non fu ritenuta attendibile. L'Acquaviva pronunciò la frase: "La madre degli imbecilli è sempre incinta"), che però resta imputata nel procedimento bis per depistaggio. 

Invece per l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, per Andrea Marrone, consulente incaricato per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni, per Bruno Di Tommaso, legale responsabile della Gran Sasso Resort & Spa, e per Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile archiviazione soltanto per alcune ipotesi di reato.

Alla richiesta di archiviazione del procuratore capo Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia si erano opposti alcuni legali dei familiari delle vittime, ma il gip ha respinto le opposizioni e disposto l'archiviazione. 

Rigopiano, in tribunale il muro delle mamme

GIP: NESSUN ERRORE DI PROVOLO - Il passaggio centrale dell'archiviazione della posizione dell'ex prefetto del capoluogo adriatico, Francesco Provolo, relativa alla vicenda delle errate notizie e informazioni fornite ai genitori di Stefano Feniello: "La situazione di fatto concreta in cui si è venuto ad operare l'indagato induce a ritenere che Provolo abbia agito in buona fede (che, quindi, l'agente modello, nella medesima situazione di fatto, non era in condizione di potersi avvedere dell'errore), atteso che, non potendo accedere personalmente sotto le macerie, e verificare "de visu" la circostanza dell'effettiva permanenza in vita di Stefano Feniello, non era in condizione di poter ritenere inattendibili le indicazioni ricevute dal personale specializzato che stava operando in concreto". Il gip aggiunge: "Non possono evidenziarsi profili di colpa in capo al predetto per aver fatto affidamento su quanto lui riferito dai soggetti che, effettivamente, avevano avuto contatti diretti con i soggetti ancora in vita tra le macerie". 

L'ex prefetto resta imputato per altre accuse sia nel procedimento principale che in quello bis sul presunto depistaggio. Sulla vicenda di Stefano Feniello il gip ha archiviato anche la posizione dell'ex sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli e della funzionaria della Protezione Civile, Tiziana Capuzzi: "Chiaramente nessun addebito può muoversi alla Capuzzi, la quale, in qualità di funzionario della Prefettura, si è limitata a rispettare un ordine del prefetto, leggendo peraltro una lista di nomi formata dal personale operante dei vigili del fuoco che stava effettivamente scavando tra le macerie e che aveva avuto effettivo contatto con alcuni dei superstiti. Parimenti, nessun addebito può muoversi alla Chiavaroli, che, quale sottosegretario alla Giustizia (quindi, senza avere compiti specifici nell'attività di soccorso), solo occasionalmente si era trovata a contattare i familiari di Stefano Feniello (peraltro, facendo legittimo affidamento sul contenuto della lista di nominativi indicata direttamente dal prefetto, cioè dalla massima autorità di pubblica sicurezza) al solo fine di portare loro la solidarietà ed il conforto dei rappresentanti dello Stato. In conclusione, Capuzzi e Chiavaroli, a fronte della relazione dei soccorritori e delle indicazioni del prefetto, non avevano alcun potere diretto di verifica e riscontro e, quindi, dovevano necessariamente fare affidamento sulla veridicità di quanto loro riferito". 

La conclusione del gip: "La situazione di fatto concreta era tale per cui Provolo, Capuzzi e Chiavaroli non erano in condizione di prevedere e prevenire l'errore presente nella lista dei superstiti: circostanza che è di ostacolo alla configurabilità dell'elemento soggettivo del reato".

GIP NESSUN RITARDO  - Il gip, relativamente all'aspetto della sussistenza di eventuali ritardi nell'attivazione del Comitato Operativo per le Emergenze (CORE), scrive: "Risulta accertato che D'Alfonso, effettivamente, partecipava alle attività del Core coordinando le attività presso la Sala della Giunta della Provincia di Pescara nella riunione che veniva attivata dalle ore 15.30 del 18 gennaio 2017. In sostanza, può affermarsi che nessun inadempimento, o ritardo, può rivelarsi nella valutazione della tempistica di attivazione del CORE, da parte dei soggetti responsabili, in conseguenza del verificarsi degli eventi sismici del 18 gennaio 2017". Il gip prosegue: "Approfondendo i termini della vicenda peraltro, occorre considerare che D'Alfonso, dichiarando formalmente lo stato di emergenza in data 12 gennaio 2017 (delibera di Giunta n.8), aveva implicitamente già autorizzato (ben cinque giorni prima della tragedia) il dirigente del servizio ad attivare il CORE".

PADRE VITTIMA: "TRADITI DALLA GIUSTIZIA" - Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime della tragedia di Rigopiano affida a Fecabook tutta la sua amarezza per la notizia: "Comincio a pensare che alla fine la colpa sarà di chi stava in hotel, di chi lavorava a Rigopiano e di chi c'è andato in vacanza. Ho appena saputo che il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione nei confronti di tutti i funzionari della regione, della Acquaviva, e anche dei tre personaggi che ci hanno fatto credere che Stefano era vivo, uccidendolo due volte. Questa archiviazione è un colpo che fa molto male".

Feniello continua: "Per quello che riguarda me e la mia famiglia, non ho parole, mi sento preso per il culo dalla giustizia. Sembra che dovrei essere io a chiedere scusa a Provolo e alla Chiavaroli, perché loro ci hanno detto e confermato che Stefano era vivo solo per compassione, per darci conforto. Ma stiamo scherzando? Ma veramente un Giudice può dire una cosa del genere a dei genitori che per quattro giorni hanno creduto che il figlio fosse vivo? Non hanno commesso errore perché erano in buona fede? E noi, allora? Noi non dobbiamo più credere a nessuno, perché se le autorità ci dicono una cosa, dobbiamo pensare che può essere anche il contrario, che può essere un errore in buona fede".

E conclude: "Io non credo più a nulla, il processo possono anche non farlo a questo punto, ormai non ha senso credere nella giustizia. L'unico a pagare, fino ad oggi, sono io per aver portato i fiori a Stefano, e sto affrontando un processo per questo. Chi mi ha detto che mio figlio era vivo, facendomi illudere per 4 giorni che sarebbe tornato a casa, invece no, perché l'ha fatto a fin di bene. Io invece i fiori a mio figlio perché li ho portati? Per fare del male a qualcuno? Ma ce l'avete una coscienza? Sono schifato, qualcuno deve spiegarmi come è possibile che a pagare siano sempre e solo i poveracci, mentre chi sta al potere può stare tranquillo, sbagliare, uccidere, e rimanere al proprio posto. Se non fosse per la promessa fatta a Stefano avrei già abbandonato tutto. Questa è l'Italia".