Mercoledì 24 Aprile 2024

Riforma delle pensioni Macron si salva per nove voti Ma a Parigi esplode la rabbia

Una fetta degli ex gollisti ha provato ad affossare l’esecutivo, crisi politica alle porte. I manifestanti nella capitale hanno dato alle fiamme i cassonetti pieni di immondizia

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di Giovanni Serafini

Ci è mancato pochissimo. Nove voti in più e il governo francese sarebbe caduto ieri sera sotto la mozione di censura. "Il colpo arrivò così vicino che fece volare via il cappello", direbbe Victor Hugo. Occorrevano 287 voti per costringere alle dimissioni l’esecutivo di Elisabeth Borne. Si è arrivati a 278: molti di più di quello che gli analisti avevano immaginato. Questo significa che all’interno dell’Assemblea Nazionale si è schierata contro la riforma delle pensioni tutta la sinistra, tutta la destra e anche una buona parte dei Républicains, gli ex gollisti che sembravano pronti a firmare un compromesso con la République en Marche. E adesso? Macron è salvo, anche se con le spalle al muro. Per citare ancora Victor Hugo, il "cappello" che rischia di volar via è quello del primo ministro. "Deve dimettersi. Subito. Elisabeth Borne non può rimanere al suo posto", ha tuonato Marine Le Pen appena conosciuto l’esito dello scrutinio. La Borne ha risposto di non pensarci nemmeno: "Sono più che mai determinata a continuare il mio lavoro per la Francia".

La Le Pen a destra, in sintonia con Mélenchon a sinistra, chiede un referendum benché la legge sia diventata definitiva dopo il fallimento della mozione di censura. Resta il fatto che lo smacco è grave per Macron. Si è aperta una crisi politica nella quale lui è il principale bersaglio e che potrebbe addirittura, al termine, aprire la strada a nuove elezioni. La decisione del presidente di ricorrere all’uso del 49.3, strumento previsto dalla Costituzione per far approvare una legge senza sottometterla al voto, è stata interpretata come un gesto di violenza e di arroganza, di disprezzo dell’Assemblea Nazionale e della volontà popolare: quest’ultima in larga maggioranza (68 per cento) contraria alla riforma delle pensioni.

Come previsto, la contestazione che non è riuscita a centrare l’obiettivo in Parlamento cerca la rivincita in piazza. Incidenti e scontri con la polizia – non gravi – si sono verificati ieri sera nel centro di Parigi fra gli Invalidi, Montparnasse e la Madeleine, poco lontano da Palais Bourbon (sede della Camera dei deputati) e dall’Eliseo. Una moltitudine di manifestazioni spontanee, non indette dai sindacati, ha preso vita in tutta la capitale. Alcuni hanno cominciato da subito i soliti scontri con la polizia: lancio di sassi, cariche, lacrimogeni, in fiamme i cassonetti pieni di immondizie causa sciopero. Hanno raccolto l’invito dei sindacati e delle opposizioni, "con questo voto non cambia nulla". E da Macron non si aspettano promesse, parole, aggiustamenti. Chiedono semplicemente "il ritiro" della riforma delle pensioni. Un centinaio i fermi nella sola Parigi.

Intanto, si infittisce l’agenda del capo dello Stato. Il presidente incontrerà i presidenti dell’Assemblea Nazionale, Yael Braun Pivet, e del Senato, Gérard Larcher, per un pranzo di lavoro oggi all’Eliseo. In precedenza Macron presiederà un vertice di maggioranza e a fine giornata incontrerà i parlamentari della sua famiglia politica.

Il leader della France Insoumise Mélenchon, che da mesi guida la battaglia contro la riforma, esulta e soffia sul fuoco: ieri ha chiesto il ritiro immediato della legge, ma ha anche detto che "adesso è il momento di passare alla sfiducia popolare, in ogni luogo e in ogni circostanza", appellandosi dunque ancora alla protrsta di piazza. Molti esponenti politici si aspettano ora dal presidente un gesto "forte" per raffreddare la situazione. Temono l’esplosione di una rivolta sociale. Macron deve fare qualcosa, dicono. Deve mandare un messaggio al Paese prima che divampi il peggio. I tempi sono stretti: il "gesto politico" (ma quale? l’annuncio di modifiche alla legge? conservare il testo attuale con qualche apertura?) dovrà aver luogo prima del vertice europeo del 23 e 24 marzo prossimo a Bruxelles e della visita a Parigi di re Carlo d’Inghilterra a fine mese. Un margine strettissimo, con un "paletto" rappresentato da giovedì 23 marzo, giornata in cui i sindacati hanno annunciato una mega-manifestazione in tutta la Francia.

L’aria è pesante: le principali città, Parigi in particolare, sono sommerse da tonnellate di immondizie che i netturbini non rimuovono da ormai due settimane, la benzina comincia a scarseggiare, gli esami parziali di maturità si svolgono in un clima fortemente perturbato, il traffico di ferrovie, autobus e metropolitana minaccia di andare in tilt.