Venerdì 19 Aprile 2024

"Ridateci i gioielli di famiglia" I Savoia portano l’Italia in tribunale

In un caveau di Bankitalia c’è un cofanetto con 6.372 brillanti e duemila perle montate su collier e spille. Fallita la mediazione con Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia. I reali: "Non sono mai stati confiscati"

Migration

di Viviana Ponchia

Il tesoro è nascosto in un caveau della Banca d’Italia dal giugno del ’46. Un cofanetto di pelle nera a tre piani con fodera di velluto azzurro e 11 sigilli dentro cui sonnecchiano 6.732 brillanti e 2 mila perle montati su collier, orecchini, diademi e spille varie. Sono i monili con cui si facevano belli i Savoia, rimasti fuori dalla confisca di tutti gli altri beni mobili e immobili della famiglia reale italiana. Regali e acquisti personali e non oggetti assegnati al re per l’adempimento delle sue funzioni. La definizione esatta, nessuno si metta a ridere, è "gioielli di uso quotidiano".

Potrebbero valere 300 milioni di euro. O forse un milione scarso, i soliti malpensanti sussurrano che l’ex casa regnante, nel passaggio fra monarchia e repubblica, avrà magari rifilato all’allora governatore della Banca Luigi Einaudi un po’ di paccottiglia, tenendosi i pezzi davvero preziosi. Per calcolo o per principio, bijoux o meno, comunque i Savoia li rivogliono tutti. Per questo il principe Vittorio Emanuele e le principesse Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice citeranno in giudizio la presidenza del Consiglio, il ministero dell’Economia e la Banca. La mediazione tentata ieri è fallita. Gli eredi di Umberto II puntano i piedi per la prima volta sostenendo che a differenza del resto del patrimonio non sono mai stati confiscati.

E perché li vogliono indietro solo ora? Perché prima una richiesta del genere avrebbe scatenato ondate di risentimento. Ora i tempi, invece, sono maturi. Un’istanza di restituzione era già stata avanzata a novembre, ma tre giorni dopo la Banca d’Italia aveva risposto picche. E così ieri è iniziata e finita subito quella che sembrava destinata a essere una lunga mediazione. Per discutere sulle modalità della restituzione si sono seduti attorno a un tavolo l’avvocato Sergio Orlandi, legale della famiglia, con i rappresentanti della Banca d’Italia, della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia. Ma siccome la via amichevole è sbarrata, i Savoia ora portano in tribunale lo Stato. Gli eredi sono convinti di avere ragione in base al fumoso verbale di consegna dei preziosi firmato dal ministro della Real casa Falcone Lucifero: "Si affidano in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti che rappresentano le cosiddette gioie di dotazione della Corona del Regno".

A disposizione di chi di diritto: ma chi? Noi, gli eredi, risponde Emanuele Filiberto di Savoia, precisando che in quanto parte della storia italiana sarebbero poi destinati a essere esposti e non portati dal compra oro. Ricorda anche che quando era governatore della Banca d’Italia Draghi si era detto disponibile a considerare la vicenda, ma Draghi non è più lì, non sono bastati 75 anni a fare chiarezza, le gioie restano un tormento.