Ricercatrice libica, botta e risposta tra Procura e Gip

La donna era stata rilasciata nonostante i post su Facebook a sostegno dei terroristi

E' intervenuta la polizia

E' intervenuta la polizia

Palermo, 26 dicembre 2015 - Fermata dalla Digos per alcuni post su Facebook nei quali sosteneva Al Qaeda, la ricercatrice universitaria libica Khadiga Shabbi era stata rilasciata dopo poche ore su ordine del Gip. La sua vicenda è ora al centro di un botta e risposta al vetriolo tra il procuratore capo di Palermo, Franco Lo Voi, e presidente e vicepresidente dell'Ufficio Gip di Palermo, Cesare Vincenti e Gioacchino Scaduto. Questi ultimi hanno affidato ad una nota il proprio sconcerto per le parole usate dalla Procura, definite "avventate e inopportune" poiché " delegittimano oggettivamente il lavoro e la funzione del giudice per le indagini preliminari, il cui intervento nel procedimento è stato previsto dal legislatore a tutela e garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini, italiani o stranieri che siano". 

La decisione di non convalidare il fermo della donna 45enne era stata criticata dalla Procura: «siamo sconvolti, misura inadeguata, contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza». L'accusa nei confronti della straniera era di apologia di reato con finalità di terrorismo, ma il gip aveva preferito imporre all'indagata l'obbligo di dimora. Il motivo viene spiegato nel comunicato diffuso oggi: la ricercatrice "non è accusata di atti di terrorismo o di associazione terroristica in collegamento con esponenti di gruppi terroristici o foreign fighters, come potrebbe intendersi, ma soltanto di un reato di opinione: l'avere cioè espresso il suo personale apprezzamento nei confronti dell'ideologia di gruppi ritenuti terroristici, manifestazione del pensiero che può diventare reato solo se resa pubblica".

Per l'ufficio del Gip, le parole di forte critica espresse da Pm e procuratore "rischiano di creare nell'opinione pubblica un allarme ingiustificato, di cui in questa fase storica non si sente affatto il bisogno". I due giudici sottolineano ancora che la posizione della donna, il ruolo a lei attribuito e la gravità del reato commesso non giustificavano «l'adozione di misure cautelari di tipo detentivo che, peraltro, lo stesso legislatore con le ultime riforme ha inteso fortemente limitare". Nella nota si osserva pure, con una punta polemica, che "Siamo tutti sconvolti dalle tragiche vicende terroristiche di questi ultimi tempi che, dopo avere devastato buona parte del Medio Oriente, hanno colpito assai più vicino la nostra Parigi; ma questo non deve farci perdere la capacità di distinguere caso da caso e di valutare con freddezza ed oggettività - alla luce dei principi costituzionali e dei parametri di legge - i fatti che vengono sottoposti alla nostra valutazione".