Giovedì 18 Aprile 2024

Ribaltone nel Lazio Rocca prende la regione Finisce dopo dieci anni l’era delle giunte Pd

Il candidato voluto da Meloni stravince: subito al lavoro sulla Sanità. Vola Fratelli d’Italia, i Dem tengono, M5s flop. Affluenza in picchiata. Lo sconfitto D’Amato attacca i grillini: "Colpa di Conte, rifletta"

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di Claudia Marin

Una vita nella sanità. E alla sanità dedica le prime parole: "È stata una corsa breve ma intensa – esordisce il neoeletto Presidente della regione Lazio –. Prevale ora il senso di responsabilità che è enorme, bisogna risollevare una sanità distante e che mortifica i cittadini. Bisogna pensare da subito alle liste d’attesa". Forte del suo 53 per cento, con il quale ha strappato al centro-sinistra la regione della Capitale, dopo dieci anni di governo di Nicola Zingaretti, Francesco Rocca, l’uomo della Croce Rossa durante la pandemia, l’outsider scelto da Giorgia Meloni per l’impresa, ha battuto un avversario con il quale ha collaborato proprio in quei mesi drammatici, l’ex assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, che si è fermato a poco più del 33 per cento. Ma ha lasciato a molte lunghezze di distanza anche la candidata ambientalista di Giuseppe Conte, il volto televisto Donatella Bianchi, bloccata a poco più dell’11 per cento.

Rocca, sa, però, che i numeri dicono anche che nel Lazio ha votato solo il 37,2% e che a Roma ci si è fermati addirittura al 33,11%, contro il 63,11% delle precedenti regionali del 2018. Lo sa e lo rimarca: "L’astensionismo sottolinea che 10 anni di centrosinistra hanno allontanato i cittadini. Ci impegneremo per far tornare fiducia e partecipazione". Uomo di fair play, ma anche del fare, partito da giovane dagli ambienti della destra romana, a Colle Oppio – amico da sempre dell’esponente di FdI Fabio Rampelli, che puntava anche lui alla guida della regione – Rocca è stato il prescelto dalla premier Meloni per correre nella Regione di Zingaretti. Raccontato da tutti come un moderato, un tecnico, non esita però a togliersi subito un sassolino dalla scarpa: "Il primo atto sarà sicuramente revocare quella delibera che ha regalato 2 mila ettari di tenuta agricola al comune di Roma a un canone surreale".

Di sicuro, però, è la sanità il suo terreno di elezione. È stato lui, con il governo regionale di Francesco Storace, a far decollare l’ospedale Sant’Andrea, un’eterna incompiuta della Capitale. Un ruolo riconosciuto anche dal governatore di centrosinistra, Piero Marrazzo, che lo lasciò al suo posto. Così come al suo posto, alla Croce Rossa, è stato anche durante tutta la fase drammatica del Covid, con un buon rapporto anche con il ministro Roberto Speranza. D’Amato, del resto, non ha mancato di riconoscere da subito la vittoria di Rocca. "Ho combattuto come un leone, il vero sconfitto è il M5s, Conte dovrà riflettere". E tramonta così il campo largo, l’alleanza Pd-M5s, al governo della regione con Nicola Zingaretti. Il Pd però tiene con circa il 20% in linea con il 21,25% delle regionali del 2018 ed anzi migliora rispetto al 18,32% delle ultime politiche.

Non riesce, invece, l’exploit alla Bianchi, la giornalista Rai, in corsa per i Cinque Stelle che si ferma a circa il 10%. Anzi i pentastellati arretrano: alle regionali del 2018 Roberta Lombardi prese il 27%, mentre alle politiche il M5s aveva il 14,8%. Ora come voto di lista si attesta a poco meno del 9%. Il centrodestra, trainato da Fdi e dal candidato voluto dalla premier Meloni, va oltre anche quel quasi 45% ottenuto alle politiche e il 36% delle regionali del 2018 è un ricordo lontano. Fratelli d’Italia si conferma primo partito e vince ovunque, con oltre il 33%, un balzo netto rispetto all’8,69% delle regionali del 2018. Forza Italia e Lega restano ai livelli delle politiche, intorno all’8%.

Il centrodestra vince anche a Roma, che stavolta non premia il centrosinistra, fiaccato anche dall’astensione record. Il partito della premier Meloni è primo in tutti i municipi e in centro è al 26,76%, davanti al Pd che si attesta al 25,07%. Il rischio per Rocca, ora, è però che sulla squadra si scarichino le tensioni interne alla coalizione e in FdI esplose in campagna elettorale con il commissariamento della federazione romana da parte di Meloni ai danni dei rampelliani, accusati di correntismo. Occhio alle liste, dunque. Di qua i meloniani di ferro come Giancarlo Righini, molto vicino a Francesco Lollobrigida, di là veterani molto vicini al vicepresidente della Camera, come Fabrizio Ghera. Sarà tra questi due, dicono i bene informati, la sfida per l’alloro di mister preferenze che per prassi della Pisana porta dritto alla presidenza del Consiglio regionale.