Resistenza armata I partigiani anti-Putin attaccano in terra russa "C’è la mano di Kiev"

Raid dall’Ucraina nella regione di Belgorod: "Non siamo nemici". Le due milizie sono formate da liberali ed estremisti di destra. Mosca accusa il governo di Zelensky. La replica: "Iniziativa autonoma". .

di Marta

Ottaviani

"Siamo russi come voi, abitanti delle regioni di confine! Restate a casa e non abbiate paura. Non siamo vostri nemici. La legione sta tornando a casa". Con queste parole, ieri mattina, la legione Svoboda Rosiji, Libertà per la Russia, ha annunciato il suo ingresso nella regione russa di Belgorod dal confine ucraino, segnando, almeno simbolicamente, l’inizio di una resistenza russa contro il presidente Putin. Poche ore dopo, in tarda mattinata, hanno annunciato che, insieme con RDK, il Corpo Volontario Russo, erano riusciti a conquistare Kozinka, una cittadina rurale di circa 1.000 abitanti, posta subito dopo il confine con l’Ucraina, nella regione di Belgorod. Per il momento, questi due gruppi armati hanno attaccato solo due avamposti. Dopo Kozinka i loro sforzi si sono concentrati su Grayvoron, un insediamento poco distante dalla prima cittadina conquistata.

Sul canale Telegram della legione Libertà per la Russia, sono comparse le bandiere a righe bianche e azzurre, simbolo del gruppo, issate su edifici e per le strade che collegano le due località e persino palloncini degli stessi colori che volavano sui cieli di Mosca, vicino all’Università Lomonosova. Stando a una prima ricostruzione, i paramilitari hanno superato il confine fra Charkiv e Sumy. Con loro, anche alcuni mezzi corazzati. La Russia ha mobilitato subito l’anti-terrorismo e l’aviazione e, stando alla versione ufficiale, i due gruppi paramilitari sarebbero già stati respinti oltre confine.

Come sempre, la guerra sul campo va di pari passo con quella dell’informazione. Mosca accusa l’Ucraina di essere dietro al raid senza precedenti dei partigiani russi per portare instabilità nella regione. Kiev parla di iniziativa autonoma, senza però farsi scappare l’occasione di commentare l’accaduto. Mikhail Podolyak, uno dei più stretti collaboratori del presidente Zelensky, ha dichiarato: "L’Ucraina sta osservando con interesse gli eventi nella regione russa di Belgorod e sta studiando la situazione, ma non ha alcun rapporto diretto con essa".

Le due milizie anti-Putin sono nate in seguito allo scoppio della guerra e sono formate da militanti di diversa estrazione e orientamento politico. Svoboda Rosiji è la più strutturata e raccoglie nelle sue schiere persone di orientamento liberale. È composta da due battaglioni, quindi circa 2.000 uomini, tutti di fanteria leggera. In passato ha più volte fatto campagne di arruolamento volontario attraverso i social. C’è poi il Corpo Volontario Russo. Nato ad agosto, non si sa da quante persone sia formato, ma accoglie nelle sue schiere soldati di estrema destra. Il suo leader, Denis Kapustin, ha scelto come nome di battaglia Nikitin, in onore di un neonazista russo. Oltre alla fanteria leggera, hanno anche un gruppo di sabotaggio e ricognizione. Anche se si trattasse di un’azione autonoma, è innegabile che in tutti questi mesi le milizie paramilitari abbiano trovato rifugio e forse anche qualcosa di più in Ucraina.

Per la prima volta dall’inizio del conflitto, il presidente Putin deve prende atto del fatto che esiste una resistenza armata contro di lui. Non si sa ancora quanto realmente pericolosa, ma dal punto di vista simbolico, per il regime questo è un colpo durissimo che arriva in un momento del conflitto particolarmente delicato.

La regione di Belgorod è una di quelle che ha subito maggiori conseguenze a causa della guerra, con un malcontento che Mosca fatica a mantenere nascosto. C’è poi l’aspetto militare. Se queste incursioni dovessero diventare sistematiche, allora Putin sarebbe costretto a spostare truppe, indebolendo un fronte che si prepara a respingere la controffensiva di Kiev.