Mercoledì 24 Aprile 2024

Rese immortale l’ultima carica di Cavalleria Addio al soldato della fotografia sul Don

Carlo Comello aveva 101 anni. Riprese l’assalto di Izbuscenskij, in Russia, del 24 agosto 1942: il ’Savoia’ si lanciò contro truppe sovietiche

di Umberto Zanichelli

La sua macchina fotografica Zenith Luxus a soffietto ha consegnato alla storia, nell’agosto di 78 anni anni fa, l’immagine dell’ultima carica della Cavalleria dell’esercito italiano, quella di Izbuscenskij. L’ultima di tutta la storia militare, con i cavalli al galoppo e le sciabole sguainate al sole. Carlo Comello, ex-agricoltore di Castelnovetto, Lomellina profonda, a due passi dal confine con il Piemonte, se ne è andato all’età di 101 anni, vinto come tanti dal Covid-19. Era da tempo ospite della casa di riposo del suo paese e da qualche settimana stava combattendo la battaglia contro il virus. "Al quale – raccontano i parenti – ha ceduto all’improvviso".

Carlo era un reduce della campagna di Russia, uno di quei tanti ragazzi costretti a bruciare gli anni migliori della gioventù nell’assurdità della guerra. Molti dei suoi compagni sono rimasti per sempre nelle steppe, lungo il Don. Lui ce l’aveva fatta ed era tornato a casa. Ma quei 55 scatti, presi dall’alto di un camion militare, in un bosco di betulle, con la macchina fotografica dalla quale non si separava mai, sono rimasti sepolti nella memoria per decenni. E sono venuti allo scoperto per puro caso nel 2007.

Comello aveva concesso le sue foto a un negozio di Mortara, per allestire la vetrina. E il vetrinista, pubblicista dal fiuto sopraffino, aveva capito che erano qualcosa di importante. Era bastato un articolo su un periodico della zona per richiamare l’attenzione degli esperti militari che avevano esaminato con cura quelle foto, scoprendo nella collezione quella che ad oggi è l’unica immagine originale che si conosca della carica di cavalleria più famosa della storia.

Un’azione eroica, che aveva coinvolto quattro squadroni del reggimento Savoia, 700 soldati. All’alba del 24 agosto 1942 i cavalleggeri italiani avevano affrontato e costretto alla fuga 2.550 soldati russi equipaggiati con armamento pesante. Sciabole contro proiettili. L’ex coltivatore non raccontava spesso quello che aveva visto: Carlo Comello aveva solo 22 anni e in forza al 3° reggimento artiglieria Celere: guidava un mezzo con il quale si spostavano le pattuglie incaricate di osservare il nemico e che si occupavano dei collegamenti.

Quella mattina vide una battaglia cruenta, che si protrasse per ore, lasciando sul campo oltre 150 soldati russi, 200 feriti e almeno 500 prigionieri. Sul fronte italiano le perdite ufficiali furono 32 caduti e 52 i feriti. "Noi non siamo più capaci di queste cose", commentarono i tedeschi, esperti con i carri armati ormai più che con i cavalli. Piovvero medaglie e onorificenze. Perché quella di Izbuscenskij, a pochi chilometri dal fiume Don, fu l’ultimo, vittorioso atto militare di un’arma che era già allora un ricordo da consegnare alla storia. E Carlo Comello ha ritagliato un angolo tutto suo in questa vicenda tanto lontana. Perché dalla camera oscura dell’ex-contadino di Castelnovetto è uscita la sola prova visiva di quei fatti tanto lontani.

Carlo Comello seguì passo per passo le sei ore di battaglia protetto dagli alberi: dal tetto del suo camion Spa aveva visto le ondate con le quali i cavalleggeri italiani avevano travolto gli avversari. E da lì aveva scattato le sue fotografie. Di quelle ore aveva annotato tutto in un quadernetto, rimasto anch’esso nel cassetto per mezzo secolo. I suoi appunti erano poi stati raccolti in un libro. A 101 anni la battaglia del reduce è finita. E ora sarà accanto agli uomini del Savoia Cavalleria, nella storia.