Sette ore di dibattito (che sono tante), una media di 8mila utenti collegati sui social del partito (che non sono pochi) e che hanno visto alternarsi quasi 70 interventi tra parlamentari, sindaci, iscritti, base (manco fossero i tempi del Pci…). E 500mila persone che hanno sentito parlare Renzi. Italia Viva è un partito solido in Parlamento (56 parlamentari, di cui 38 deputati e 18 senatori), ma inchiodato al 2% nei sondaggi. Ma Renzi non ha dubbi: "Iv c’è e ci sarà", dice, nel discorso tenuto ieri mattina davanti all’Assemblea nazionale.
Il leader rivendica le scelte fatte (far cadere Conte e aprire la strada a Draghi), anzi le giudica "la sconfitta del populismo e il trionfo della politica". "Iv non è più decisiva per le sorti del governo – ammette – ma abbiamo salvato il Paese". Il Pd era "ostaggio" di Conte, "sotto incantesimo", ma chi ha detto ‘O Conte o morte’ e voleva ‘asfaltare’ Iv "è andato a casa". Ora l’ex premier riconosce all’altro ex premier, Enrico Letta, che defenestrò da Palazzo Chigi, di aver impresso una svolta al Pd, ma gli chiede di prendere posizioni nette: non si può andare alle elezioni "in compagnia né dei sovranisti né dei populisti", dice. Liquidati i 5 Stelle ("Grillo è il responsabile della cultura dell’odio in politica"), Renzi invoca una "primavera del riformismo". "Siamo pronti al confronto – annuncia – ma chiediamo: su giustizia, Sud, diritti, riforme, il Pd da che parte sta? Coi giustizialisti o con noi?". Renzi poi rassicura i suoi: "Si parla tanto di legge elettorale, ma il Rosatellum non sarà cambiato". Sotto-testo: basta prendere il 3%, cioè un milione di voti, e vi riporto tutti (o quasi) in Parlamento. Solo che una quarantina di parlamentari sono tanti e il partito va radicato meglio sui territori.
Ecco perché Renzi ieri ha lanciato anche una proposta organizzativa, la "primavera delle Idee". È la necessità di lavorare ‘pancia a terra’, per i prossimi tre mesi fino al 21 giugno, "aprendosi, parlando di contenuti, organizzandosi". E qui un brivido è corso sulla schiena del coordinatore nazionale del partito, Ettore Rosato. Triestino, ex Margherita, poi dem, colonnello del renzismo, tocca a lui far pedalare e radicare il partito. A ottobre ci saranno le amministrative: Iv siede a tutti i tavoli di confronto del centrosinistra sulle candidature (Torino, Napoli, Bologna, Calabria) dove i candidati, però, ancora non ci sono. Ma sono poche le certezze: a Roma Iv appoggia la candidatura di Calenda, a Milano la corsa di Sala, ma già a Torino vede di buon occhio la discesa in campo di un civico, Paolo Damilano, moderato e centrista, vicino a Forza Italia, mentre in Calabria dirà di no a De Magistris.
Per quanto riguarda nuovi, possibili, abbandoni, fonti di partito assicurano che "non se ne andrà nessuno", ma le voci corrono. In diversi sono in preda alla sindrome ‘torna a casa Lassie’, cioè nel Pd. Eugenio Comincini (lombardo) ha già le valigie pronte, Paolo Grimani (umbro) quasi, e pure Camillo D’Alessandro (abruzzese) è dato in partenza. Gli altri dicono hic manemus optime. Specie le donne, toste e combattive come la ‘maga’ degli sblocca-cantieri, Raffaella Paita.