Reithera, il vaccino italiano funziona. Ma mancano fondi per proseguire

La sperimentazione: dopo la prima dose protegge già al 93%. Pochi effetti collaterali e zero reazioni avverse

Un laboratorio dove è in corso la sperimentazione del siero Reithera

Un laboratorio dove è in corso la sperimentazione del siero Reithera

Finisce l’era Astrazeneca e J&J. Le consegne nelle regioni italiane, infatti, saranno sospese (ma in caso di necessità i governatori potranno comunque fare richiesta per ottenere delle dosi, ndr) e d’ora in poi, si andrà avanti solo con Pfizer e Moderna. Insomma, una volta esaurite le fiale rimanenti, precederemo con gli altri vaccini disponibili. La decisione è dovuta allo scarso utilizzo delle dosi di questi sieri, al punto che diverse regioni hanno chiesto la restituzione delle dosi in eccesso alla struttura commissariale. D’altra parte, la copertura vaccinale per gli over 60 è ormai a buon punto e nei primi giorni di luglio sono stati somministrati circa 5,4 milioni di dosi, quasi tutte con Pfizer.

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Resteremo, quindi, con soli due tipi di vaccino anche nel caso in cui si rivelasse necessario andare avanti anche con una terza dose per coprire eventuali nuove fiammate delle varianti del virus? Sulla carta è così, anche se noi avremmo in casa un altro vaccino che, però, ha i fondi bloccati. Si tratta di Reithera, il vaccino prodotto in Italia, quello che – sempre sulla carta – avrebbe dovuto segnare la svolta nella lotta al virus nel nostro Paese e che avrebbe dovuto renderci del tutto autonomi nella produzione di un farmaco contro il Covid. E che invece si è rivelato un flop a causa dello stop ai fondi pubblici da parte della Corte dei Conti.

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Ieri, però, la casa di produzione ha reso noti i risultati preliminari della sperimentazione in fase due. Che mostrano come il vaccino, se venisse davvero sovvenzionato dallo Stato, potrebbe rilevarsi molto utile per garantire l’immunizzazione di tutta la popolazione. Infatti risulta essere molto efficace nel produrre anticorpi contro il Covid. Insomma, funziona. Già tre settimane dopo la prima dose si osserva una risposta anticorpale contro la proteina Spike in oltre il 93% dei volontari, e si raggiunge il 99% dopo la seconda somministrazione.

A cinque settimane dalla prima vaccinazione il livello degli anticorpi che legano la proteina Spike e che neutralizzano il virus, è comparabile a quello misurato in un gruppo di riferimento di pazienti convalescenti dall’infezione. Inoltre è ben tollerato, sia nella prima che nella seconda somministrazione. Gli eventi avversi, per la maggior parte di grado lieve o moderato e di breve durata, sono principalmente riferibili a dolore e tensione al sito di iniezione, senso di affaticamento, dolori muscolari e mal di testa. Non si sono registrati eventi avversi seri correlabili al vaccino.

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Lo studio, iniziato lo scorso 18 marzo in 24 centri clinici distribuiti su tutto il territorio nazionale, è stato condotto su 917 volontari di cui il 25 per cento di età superiore ai 65 anni "e con condizioni associate ad un aumentato rischio di malattia severa in caso di infezione da SARS-CoV-2". Al momento, però, Reithera resta fermo perchè per avviare la terza fase di sperimentazione ci vogliono soldi e il governo non ha dato risposte in questo senso. Le alternative, adesso, sono due: o accedere a fondi privati o riconvertire gli impianti di Reithera per produrre tutti gli altri vaccini disponibili. Rinunciando, però, al vaccino italiano.

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