Dopo quanto si può riprendere il Covid: le ultime sulla reinfezione con Omicron

Reinfezione Covid anche dopo un mese, secondo gli esperti. Ma la malattia quando torna di solito è meno grave

Test anti Covid (Ansa)

Test anti Covid (Ansa)

Il Covid bussa due volte. O anche tre. Il rischio, specie nell’età di Omicron,  esiste anche nei vaccinati o nei già malati, anche guariti da un solo mese, ma è più alto via via che ci si allontana da vaccinazione o malattia. E comunque, in caso di reinfezione la malattia è di solito meno grave. 

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"Dal 24 agosto 2021 al 13 luglio 2022 – spiega l’Istituto superiore di sanità nel report del 15 luglio – sono stati segnalati 738.757 casi di reinfezione, pari a 4.9% del totale dei casi notificati. Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati risulta pari a 11,7%, in aumento rispetto alla settimana precedente (10,8%, dato con tempi di consolidamento maggiori rispetto ad altre informazioni)". E nell'ultima settimana, indica l'Istituto di Sorveglianza nel suo Report esteso, la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi di Covid-19 segnalati in Italia è aumentata del 12%. In crescita dal 74% al 76% gli asintomatici.

I dati Iss

Iss spiega che il rischio è più alto nei soggetti con prima diagnosi di COVID-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di COVID-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti;  nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni;  nelle femmine rispetto ai maschi. Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico (>80%) dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito familiare;  nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età >60 anni; negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione.

E comunque il vaccino ci protegge realtivamente contro l'infezione ma molto  dalla malattia grave. "L’efficacia del vaccino (riduzione percentuale del rischio nei vaccinati rispetto ai non vaccinati) nel periodo di prevalenza Omicron (a partire dal 3 gennaio 2022) nel  prevenire la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 è:  pari al 37% entro 90 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, del 28% tra i 91 e 120 giorni, e del 45% oltre 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale o pari al 50% nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva/booster. L’efficacia nel  prevenire casi di malattia severa è invece pari al 67% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, 68% nei vaccinati con ciclo completo da 91 e 120 giorni, e 70% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni  sale a oltre o pari al 86% nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva/booster".

Bassetti

"Il tasso di reinfezione – osserva Matteo Bassetti, direttore della “Clinica Malattie Infettive” del Policlinico San Martino Ist di Genova – è evidentemente variabile, non solo da omicron a omicron, ma anche da individuo e individuo. Un caso ogni cinque si può reinfettare, nei tre mesi o anche prima. Il problema però è: se io mi reinfetto, come mi reinfetto? A noi deve interessare se mi infetto in maniera più grave della prima volta, e comunque dovremmo preoccuparci se l’infezione portasse a malattia seria e al ricovero ospedaliero. Per fortuna di solito la reinfezione porta a malattia asintomatica o paucisintomatica, e comunque meno grave della prima infezione. Questo vuol dire che comunque gli anticorpi che abbiamo creato con la prima infezione  non sono riusciti a sconfiggere completamente il virus ma lo rendono meno aggressivo. Oltre tutto con la reinfezione produci anticorpi che ti difendono dalle  forme gravi. Una volta il Covid aveva una autostrada. Ora, tra vaccini e anticorpi, trova un sacco di barriere".

"Del resto– osserva ancora Bassetti – i cinque coronavirus “storici“ che conoscevamo prima di questo, all’inizio davano polmoniti ora danno dei raffreddori. Quindi il processo verso il quale andremo, non so in quanto tempo, sarà un processo di sempre minore gravità dei sintomi e sempre più elevata diffusione.- Quindi un virus che infetterà sempre di più ma che sarà sempre innocuo verso la stragrande maggioranza della popolazione".

Cauda

"Chi è stato contagiato un mese fa, quasi certamente con una differente sottovariante - osserva il professor Roberto Cauda, infettivologo del Policlinico Gemelli di Roma - ora rischia di nuovo l’infezione, con una probabilità che cresce con il passare del tempo dalla vaccinazione. Ci sono però anche notizie migliori: si conferma che la malattia provocata dalla Omicron 5, solitamente, non è grave".

"L’immunità indotta dalla terza dose conferisce una immunità nei confronti dell’infezione maggiore di quella che deriva dall’infezione naturale. Anche chi ha fatto la terza dose – prosegue Cauda – può infettarsi, ma sono meno numerose le forme gravi di malattia. Non sappiamo se la minore virulenza di Omicron sia legata al virus stesso o, come io penso, sia dovuta alla barriera dei vaccini. Che ci difende anche se sono passati molti mesi dalla terza dose, perché è legata all’immunità cellulare che dura di più".

Manzoli

Il rischio di reinfezione con una forma severa o letale di COVID-19 resta estremamente basso, anche a distanza di dodici mesi dalla prima infezione spiega  un nuovo studio – il primo al mondo con questa scala temporale – pubblicato sulla rivista Frontiers in Public Health e coordinato da Lamberto Manzoli, professore al Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna. "Esiste già un’ampia letteratura internazionale che mostra un rischio molto basso di malattia grave per i guariti, ma fino ad oggi nessuno aveva seguito i pazienti per oltre dodici mesi – afferma il professor Manzoli – : per i vaccinati il rischio di reinfezione è infatti di circa il 70% inferiore rispetto ai non vaccinati".