Mercoledì 24 Aprile 2024

Referendum farsa in Donbass Alle urne costretti dai soldati russi

La minaccia del Cremlino: "Dopo il voto ogni attacco alla regione sarà inteso come contro il nostro territorio"

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di Alessandro Farruggia

Una farsa. Il referendum di adesione alla Russia – una replica di quello in Crimea nel 2014, mai riconosciuto dalla comunità internazionale – è scattato ieri negli oblast occupati dai russi di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia e proseguirà fino a martedì. I votanti sono chiamati ad esprimersi sotto la minaccia delle armi russe o separatiste, la credibilità della consultazione è pari a zero. Seggi sono stati allestiti anche in Russia, nelle città che ospitano profughi dal Donbass e dalle altre zone occupate. "A causa di scadenze brevi e problemi tecnici, si è deciso di utilizzare le tradizionali schede elettorali cartacee e di astenersi dall’usare il voto elettronico – scrive l’agenzia Tass –. Le votazioni di persona si svolgeranno esclusivamente il 27 settembre, mentre negli altri giorni le votazioni si svolgeranno in comunità e porta a porta per motivi di sicurezza".

"Gli occupanti russi – ha denunciato il governatore ucraino in esilio di Lugansk, Sergey Gaidai – hanno organizzato gruppi armati per circondare le abitazioni e costringere le persone a partecipare al cosiddetto referendum. I cittadini sono stati minacciati: coloro che non parteciperanno alla votazione verranno automaticamente licenziati dal lavoro. Quando invece una persona barra il ‘no’ sulla scheda, il suo nome viene registrato".

"Le autorità – prosegue Gaidai – hanno vietato alla popolazione locale di lasciare la città tra il 23 e il 27 settembre. La gente vota nelle abitazioni e nei cortili, sotto il controllo degli scrutatori e delle loro scorte. La ricerca casa per casa, ha anche lo scopo di controllare e identificare gli uomini. I russi stanno cercando carne da cannone".

Per dare alla consultazione una parvenza di legittimità, i filorussi hanno annunciato il monitoraggio nel Donetsk di 129 osservatori stranieri, tra cui "anche italiani", oltre a presunti esperti provenienti da Venezuela, Romania, Togo e Sudafrica. Nel Kherson, invece, ci sarebbero francesi e americani. "Non aprite la porta agli agitatori, non andate ai seggi, ignorate completamente l’interno processo" si è appellato Ivan Fedorov, il sindaco eletto di Melitopol, sostituito dai russi dopo la conquista della città. "Gli pseudo-referendum in corso in tre zone dell’Ucraina occupate dai russi per l’annessione a Mosca sono uno show di propaganda" ha ribadito il consigliere presidenziale ucraino, Mikhailo Podolyak, rilanciando l’appello a "liberare immediatamente i territori occupati".

La reazione del mondo, dopo le prese di posizione di Onu, America, Europa, Gran Bretagna e Nato, è molto dura. "I Paesi del G7 non riconosceranno mai i risultati dei ’referendum farsa’ voluti da Mosca. Siamo pronti a imporre nuovi costi economici alla Russia – dicono i leader dei G7 in un comunicato sui referendum – a individui e enti, dentro e fuori la Russia, che stanno dando supporto politico o economico al tentativo illegale della Russia di cambiare lo status del territorio ucraino. Invitiamo tutti i Paesi a rigettare in modo inequivocabile i referendum farsa che cercano di dare una copertura farsa alle sue violazioni e al diritto internazionale".

Il Cremlino vuole utilizzare i referendum per intimidire l’Ucraina e l’occidente, ventilando l’uso di armi atomiche tattiche, che per la dottrina militare russa è possibile in caso di attacchi contro il suolo russo. Dopo un esito positivo dei referendum per l’annessione, la Russia "assolutamente" considererà i tentativi dell’Ucraina di riprendere il Donbass e altri territori "come un attacco a suoi territori, un attacco alla Russia" ha ribadito ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.