Mercoledì 24 Aprile 2024

Reddito di cittadinanza al branco. Bufera sui picchiatori di Willy

I quattro arrestati per il delitto del 21enne di Colleferro denunciati per aver percepito 33mila euro. Sui social ostentavano suv, vacanze in barca, orologi e vestiti firmati. Ma per lo Stato sono nullatenenti

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Roma, 18 settembre 2020 - I quattro del branco di Colleferro, accusati dell’omicidio volontario del giovane Willy Monteiro Duarte avrebbero percepito indebitamente, come reddito di cittadinanza, intorno ai 33mila euro. Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, avrebbero "omesso di indicare nelle autocertificazioni compilate dati dovuti, creandosi in tal modo le condizioni per accedere al beneficio". La Guardia di finanza di Colleferro li ha denunciati per violazione della legge che regola il reddito di cittadinanza alla procura di Velletri e li ha segnalati all’Inps per il recupero della somme. I Bianchi, attraverso i loro legali, hanno negato di aver preso il denaro destinato alle fasce più povere della popolazione, così come Belleggia e Pincarelli.

"Nell’interrogatorio di garanzia - ha spiegato uno degli avvocati difensori, Massimiliano Pica - precisarono di non avere mai chiesto nulla, neanche sanno che cosa sia". Una posizione assimilabile a quella di Belleggia che sempre per bocca del suo difensore assicura "di non avere mai chiesto nulla".

"Nel caso contrario - ha aggiunto l’avvocato Vito Perugini - sarei il primo a chiedere al mio assistito di restituire il denaro". Eppure secondo l’indagine svolta dalla Gdf si attesterebbe complessivamente intorno ai 30mila euro la cifra ottenuta dai tre nuclei familiari, soldi - hanno accertato i finanzieri- ottenuti "indebitamente in quanto i richiedenti hanno omesso di indicare i dati dovuti creandosi in tal modo le condizioni per accedere al beneficio". A fare domanda di un reddito di cittadinanza, a quanto pare, sono stati i rispettivi capifamiglia che dunque potrebbero essere indagati anche loro in caso di riscontro di nuove dichiarazioni mendaci.

L’indagine patrimoniale sulla famiglia Bianchi è stata disposta dalla procura di Velletri (pm Luigi Paoletti) dopo che nei giorni scorsi erano emersi dubbi sul reddito dei ragazzi arrestati. In particolare i Bianchi avrebbero ostentato suv, orologi e abiti firmati pur non avendo un vero lavoro; i quattro ragazzi e gran parte dei componenti delle loro famiglie, d’altra parte, risultano nullatenenti, o quasi. Gabriele Bianchi aveva da poco aperto una frutteria a Cori con l’aiuto del suocero, il coordinatore locale di Forza Italia, Salvatore Ladaga. Alessandro Bianchi, il maggiore dei fratelli – non coinvolto nella vicenda – aveva un ristorante inaugurato da pochi giorni che non ha più riaperto. Bianchi senior faceva piccoli lavori da fabbro. Mestieri umili che non giustificano gli stili di vita ostentati dai ’gemelli’: ville, automobili costose, vestiti firmati, orologi d’oro e vacanze in località notoriamente esclusive. Per non parlare della villa di famiglia che svetta in cima alla collina di Colubro, la frazione di Artena da dove partivano le scorribande dei fratelli.

Come si guadagnavano allora da vivere (e non solo)? "I fratelli Bianchi lavorano su commissione, chi ha un credito e non riesce a farsi restituire i soldi manda loro dal debitore. Arrivano, picchiano e tornano con i soldi", è la tesi degli inquirenti che gli avvocati stanno cercando in tutti i modi di smentire, tirando addirittura in ballo il caso Tortora. Dal racconto di chi indaga, in particolare ’i gemelli’ lavorano come emissari dei pusher di zona: quando gli ’acquirenti’ iniziano a indebitarsi, gli spacciatori chiamano loro, i ’picchiatori’, che intervengono per "suonarle" a chi si è attardato troppo. "In molti nemmeno denunciano, non gli conviene", ripetono, quasi rassegnati.

Il caso è arrivato in Parlamento ed ha scatenato la bagarre politica con il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, che ha presentato un’interrogazione al governo.