Mercoledì 24 Aprile 2024

Recovery, Conte arretra sulla task force

Dopo il summit col premier, i renziani esultano. La cabina di regia non sparisce, ma avrà poteri limitati. La crisi sembra allontanarsi

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di Antonella Coppari

Teresa Bellanova esce dall’appuntamento chiave sul Recovery plan con il premier sventolando lo scalpo: "La task force non c’è più. Conte finalmente ha preso atto che le nostre proposte sono utili". Non è proprio cosi: "Lo apprendo da lei", replica il collega Boccia (Pd). Se è certo che, rispetto all’ipotesi iniziale, l’unità di missione avrà un ruolo più limitato di monitoraggio indicato dall’Europa, come segnala il ministro Amendola, di qui a dire che la cabina di regia non c’è più, ce ne passa.

Ma sulla reciproca ambiguità c’è complicità, perché tutti, anche i renziani, vogliono arrivare a Capodanno senza scossoni. Nelle due ore e trenta di confronto, si parla anche di metodo e il premier se la cava respingendo ogni addebito, anche quando nega l’evidenza: "Mai pensato a un emendamento da inserire nella manovra, mai inteso diminuire i poteri dei ministri".

La sostanza sono quei risicati 9 miliardi sulla sanità, di cui solo 7 presi dal Recovery secondo Iv, ma anche la somma ancora più esigua devoluta ai settori flagellati del turismo e dello spettacolo: 3,1 miliardi a fronte dei 22 previsti per l’edilizia privata, come dire per il superbonus caro a M5s. Conte ascolta, prende atto, non si esprime; lo farà quando tutti i partiti avranno inviato per iscritto le loro proposte sullo scheletro dei 52 progetti che gli ha consegnato, prima che sia riunito, entro il 31 dicembre, il cdm che varerà il provvedimento. Indiscrezioni assicurano che la ripartizione dei fondi verrà modificata: oltre a Iv, lo chiedono Leu e Pd. E qui dovrebbe aprirsi il capitolo più delicato, quello del Mes. Da Palazzo Chigi sussurrano che Iv non ne ha parlato, ed esprimono soddisfazione per il segnale "positivo". La versione dei renziani è opposta, giurano di averne parlato, eccome. Quale sia la verità, il nodo resta inevaso.

"La strumentalità qualche volta è commovente", commenta dopo il confronto col premier la capogruppo di Leu al Senato Loredana De Petris. Il Mes è l’arma che Renzi vuole conservare fino alla fine come alibi per dichiarare la crisi. Mentre i suoi luogotenenti mostrano una faccia distesa, il capo ricorda i sospesi: "Non rinunciamo a nulla a partire dal Fondo Ue: la palla è in mano a Conte".

Non che la polvere messa sotto il tappeto per brindare a Capodanno si limiti al pressing sul Mes: c’è la delega dei servizi segreti che Conte non vuole mollare. E c’è quel rimpasto, che tutti giurano di non volere ma tutti hanno in mente, incluso Renzi, se rinuncerà al progetto di disarcionare Conte. Che ci sia è certo, ma se si tratterà di un ritocco o di una operazione in grande stile che imporrebbe un voto di fiducia e la modifica del Dna del governo si vedrà a gennaio. Per ora di crisi non si parla più. Almeno fino a San Silvestro.