Venerdì 19 Aprile 2024

Rebus alleanze a sinistra Calenda apre al Pd "Ma il premier sia Draghi"

L’ex ministro (con Bonino) detta i suoi paletti ai progressisti e poi vede Renzi. Replica di Borghi: "Il tema ora non è in agenda". Letta e l’ostacolo cespugli

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di Antonella Coppari

L’ostacolo principale Calenda lo ha messo giù piatto al telefono con il segretario del Pd: "Su troppi punti noi e Sinistra italiana siamo poco compatibili". Enrico Letta se la sarebbe cavata adducendo impegni già presi ma oltre quelli "chi se ne accorge se ci sono?". Del tutto convinto Calenda ancora non è, e pure per Fratoianni (SI) la scelta è diventata più dolorosa dopo l’ingresso in Azione di ex forzisti come Gelmini e Cangini (con Brunetta alla finestra). Nel giro di un weekend, però, sono stati fatti passi da gigante verso la coalizione anche perché Emma Bonino, proprietaria del simbolo che permette all’ex ministro di non dover correre su e giù per le spiagge cercando le firme, preme: "Letta deve aprire un’interlocuzione che io auspico fortemente". È qualcosa in più di un auspicio, il dialogo è in corso, Calenda lo fa capire alla presentazione del ’fronte repubblicano: "Letta è una persona seria, siamo pronti a discutere".

Le condizioni sono chiare: il candidato premier non può essere il leader Pd, deve essere Mario Draghi. "Bisogna tenerlo a Palazzo Chigi. È come se la Ferrari avesse detto a Schumacher “spostati perché dobbiamo fare guidare Meloni“", dice ancora Calenda. Il Pd (che oggi riunisce la direzione) prende tempo: "Il tema non è in agenda ora", avverte Enrico Borghi. Però non chiude le porte: "Nessuno può avere dubbi su ciò che di lui Letta e il Pd pensano", chiosa. L’altro scoglio è il divieto di incontro, persino casuale, con Lega e M5s. Fino a una settimana uno scoglio insormontabile, ora è stato spianato.

Con quell’ostacolo è esplosa anche la strategia costruita dal Pd nell’arco di tre anni che faceva perno sull’asse con il partito di Conte. L’unica alternativa ora plausibile somiglia molto al’Ulivo del 1996. Al centro la lista del Pd però aperta e con le consonanti invertite: Democratici e progressisti. Al suo interno i cattolici, i socialisti, forse i civici di Pizzarotti e Articolo uno di Speranza e Bersani. Di per sé non aggiungerebbero molto al quoziente elettorale del Nazareno. Per questo ci vogliono i cespugli, o meglio "le ruote". Ecco perché la presenza di Calenda è importante. Solo l’intesa con Azione+Europa che è riuscita costruirsi un suo elettorato e una sua credibilità darebbe il senso di una coalizione.

E poi, bisogna sedimentare la galassia centrista dove le opzioni non sono definite: dovrebbe scendere in campo il sindaco Sala con una sua formazione che non raccoglierebbe le firme grazie al mantello di Bruno Tabacci al quale aderirebbe Di Maio con Ipf. Un’operazione simile potrebbe tentare il socialista Nencini, detentore di un prezioso simbolo. E c’è Renzi, anche se deve prima sciogliere i nodi che ostacolano il riavvicinamento al Pd. Ieri ha visto Calenda, incontro che ha definito "affettuoso. Le posizioni sono simili, ha fatto il ministro con me, l’ho sostenuto a Roma". Più scettico Calenda, tanto che l’ex premier chiosa: "Al momento corro da solo". Ci sono Mastella e Toti, attento a non bruciarsi i ponti. E De Luca ed Emiliano, che valutano una lista sindaci-governatori. Il rischio è che invece dell’Ulivo si finisca con un cartello rissoso come l’Unione del 2006.