Mercoledì 24 Aprile 2024

Razzismo, Erdogan fa la morale a Macron Quando in campo non si parla più di calcio

Ieri a Parigi si è rigiocata la gara di Champions ‘sospesa’ dai giocatori per l’insulto di un arbitro a un allenatore. E il Sultano ne approfitta

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di Giovanni

Serafini

C’è chi parla di una "svolta". Di un "atto fondatore". Di una "scelta storica", per usare le parole del ministro francese dello sport Roxana Maracineanu. Non era mai successo che una partita di Champions venisse sospesa per uno scandalo a sfondo razzista. In un mondo come quello del calcio, accusato spesso di indifferenza e di lassismo, ha stupito tutti la decisione unanime di abbandonare il campo presa in un clima di grande tensione da due squadre. È accaduto martedì sera al Parc des Princes, in mondovisione, poco dopo l’inizio dell’incontro fra il club parigino PSG e la squadra turca Basaksehir, quando il rumeno Sebastian Coltescu, quarto uomo dello staff arbitrale, si è rivolto al viceallenatore della squadra turca Pierre Webo definendolo "negro". Immediate le proteste di tutti i giocatori, che hanno rifiutato di continuare il match e sono tornati agli spogliatoi. Rapida la reazione della Uefa, che ha annunciato "un’inchiesta accurata" e ha rinviato di 24 ore la partita: si è giocato ieri alle 19 con un pacchetto di arbitri tutto nuovo guidato dall’olandese Danny Makkelie (per la cronaca la partita è finita 5-1 per i francesi) e con i calciatori che si sono inginocchiati (gesto simbolico) contro il razzismo. Ovviamente non c’era Coltescu; c’era invece Pierre Webo, per il quale è stato annullato il cartellino rosso che aveva dato il via allo scandalo.

"Chi mi conosce sa che non sono razzista", ha dichiarato l’arbitro rumeno finito in mezzo alla bufera. Pare che sia profondamente amareggiato. Voleva solo che il giudice centrale sanzionasse Pierre Webo, ha raccontato ai familiari. Peccato che quando l’arbitro gli ha chiesto di chi stesse parlando, Coltescu abbia risposto (in rumeno): "Ala negru", "il negro". Apriti cielo! Non occorreva essere un poliglotta per capire il significato di quelle due parole, e infatti Pierre Webo ha capito: "Quale negro? Perché dici negro?", è esploso. Sono stati momenti incandescenti. "Sei un razzista. Non siamo in Romania qui", ha gridato l’allenatore turco Okan Buruk. Tutti i giocatori, i francesi guidati da Kylian Mbappé, i turchi da Dedmba Ba, si sono stretti in difesa di Webo.

Il caso si sarebbe forse chiuso lì se non fosse stato amplificato ben aldilà dello stadio parigino. Tutti i nemici del razzismo, veri o falsi, sono insorti. Fra i primi, quelli legittimi, citiamo il campione mondiale di Formula 1 Lewis Hamilton: "Il razzismo non sarà più tollerato", ha detto. Fra i secondi, gli spudorati, il posto d’onore spetta al presidente turco Erdogan che ha dichiarato: "Siamo contro il razzismo e la discriminazione". E ha aggiunto: "La Francia è arrivata a un livello in cui l’utilizzo di termini razzisti è notevolmente aumentato". Ma Erdogan è diventato di colpo un democratico? Non è stato lui a insultare Macron dandogli del matto per aver difeso la libertà di stampa? Non è stato lui a dire che "i leader europei trattano i musulmani nello stesso modo in cui a suo tempo trattarono gli ebrei"?

Come si vede, si fa presto a cadere nell’equivoco in nome di un "politicamente corretto" tagliato su misura. I tempi si prestano del resto alla confusione, alla gesticolazione, all’enfasi. E anche una semplice partita di calcio diventa un palcoscenico in cui s’infila maldestramente il peggio della politica. La frontiera è sempre meno netta: in quale momento la provocazione, che bene o male appartiene alla logica del gioco, si trasforma in logica estremista confermata?