Rapita e uccisa, la fine di Saman. Le carte che inchiodano la famiglia

Il pm di Reggio: "Abbiamo verificato, non è in Belgio. Il papà voleva inviare un messaggio per far tacere tutti"

I parenti di Saman Abbas (nel riquadro) mentre si allontanano con dei badili

I parenti di Saman Abbas (nel riquadro) mentre si allontanano con dei badili

Saman non c’è più. La sua vita è stata inghiottita da un misto di cultura oscurantista, tradizioni dal sapore medievale e da una rete familiare pachistana che, invece di proteggerla ed aiutarla, l’ha portata verso una fine terribile. Con uno zio padrone convinto di poter disporre a suo piacimento della vita di una ragazza. C’è tutto un mondo, dietro la storia, tragica, di Saman che merita di essere rivelato e raccontato. Ed è il mondo che viene ricostruito dagli inquirenti nei documenti che raccontano le indagini effettuate nell’ultimo mese.

LE CARTE 1 / "Genitori complici"

LE CARTE 2 / "Non si comportava da musulmana"

LE CARTE 3 / "Zio ha strangolato mia sorella"

Con una serie di riscontri, interrogatori e chat che dipingono, alla perfezione, il clima, agghiacciante, che circondava Saman. Tutto questo solo perché la ragazza rifiutava un matrimonio combinato: un’usanza barbara e impensabile per chi vive alle nostre latitudini. Ma Saman, quel cugino che era stato scelto per lei, non l’avrebbe mai sposato. Aveva già rifiutato un matrimonio combinato due anni prima. E ora la storia si ripeteva. Perché la ragazzina pachistana, che in Italia aveva dimostrato di avere tante qualità e avrebbe voluto fare il liceo mentre era stata costretta ad abbandonare la scuola, si era buttata in fretta alle spalle usanze e abitudini che le sembravano sorpassate ed era innamorata di un altro giovane. Un connazionale con il quale si sentiva via telefono o sui social.

Saman, insomma, voleva vivere. Saman voleva amare. Saman voleva costruire da sola il proprio futuro. Era tornata a casa solo per recuperare i documenti. Voleva andarsene per sempre. Ma si era ritrovata sequestrata in casa per una decina di giorni. Con la tensione che continuava a salire e i litigi violenti. Saman aveva denunciato ai carabinieri questa sorta di prigionia forzata il 22 aprile. Sperava solo che il padre le riconsegnasse i documenti per andarsene. E poter così raggiungere il fidanzato segreto. Nessuno in famiglia doveva sapere di questo piano. Sarebbe stato troppo rischioso per entrambi.

Nelle foto la colpa di Saman, volersi bella e libera

Ma quella sera del 30 aprile, dopo tante fughe, riuscite o solo tentate, l’ultima delle quali la sera prima alla fine dell’ennesimo scontro con i genitori, il fragile equilibrio che regnava all’interno della famiglia si è spezzato. Saman ha pagato con la vita la ricerca della felicità. Ha pagato con la vita la sua ribellione e l’inosservanza delle regole imposte dalla tradizione. Di tutto questo è certa la Procura della Repubblica di Reggio Emilia dove ieri mattina si è svolta una conferenza stampa tenuta da Isabella Chiesi, procuratore reggente, e da Laura Galli, sostituto procuratore che segue la vicenda fin dal suo inizio.

Saman, gli ultimi sms agli amici

"Stiamo proseguendo le ricerche – ha detto Isabella Chiesi – per trovare il corpo della ragazza. Abbiamo buone speranze di riuscirci anche grazie all’aiuto dell’elettromagnetometro che verrà utilizzato nei prossimi giorni". Saman, insomma, anche per chi indaga, non c’è più. E per la sua vicenda sono indagati lo zio Danish Hasnain, che sarebbe l’autore materiale del delitto, i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen e i cugini Ijaz Ikram e Nomanulhaq Nomanulhaq che avrebbero aiutato lo zio a far scomparire il corpo. L’unico che è stato, al momento, arrestato è Ijaz Ikram bloccato in Francia. Una vicenda, insomma, che ha coinvolto tutto il nucleo familiare.

A cominciare dal padre che, pochi giorni fa, al nostro giornale raccontava che la giovane era fuggita in Belgio. Parole che la Procura considera una sorta di messaggio in codice lanciato ai parenti rimasti in Italia: "Il padre di Saman doveva far sapere anche agli altri – spiega la procuratrice – ciò che avrebbero dovuto dire". Per la Procura il corpo della ragazza è sepolto a poche decine di metri dalla casa da cui voleva fuggire. E tutti gli indizi portano allo zio Hasnain Danish. È lui che viene contattato dal padre di Saman. È lui, dipinto dagli inquirenti come un uomo violento e pronto a tutto, che la sera del 30 aprile, dopo un altro tentativo di fuga di Saman dice che è pronto a sistemare tutto. È lui che, presumibilmente, compie il delitto facendosi aiutare dai cugini di Saman.

È lui, sempre, che rivela in una chat alla fidanzata di "aver fatto un bel lavoro". Ed è lui la persona alla quale viene affidato il fratellino della ragazza quando i genitori tornano, in tutta fretta, in Pakistan. Ma il giovane è terrorizzato dallo zio. Perché sa che l’uomo è violento e teme che possa fare del male anche a lui. "Mio zio – rivela ai carabinieri che lo interrogano – ha ucciso Saman. Secondo me l’ha strangolata". Il ragazzino rivela a chi indaga di aver anche pensato di uccidere questo zio che gli faceva tanta paura. Per vendicare Saman e per liberarsi da un incubo. Aveva pensato che avrebbe potuto farlo mentre lo zio dormiva. Poi ha avuto paura. Non voleva finire in prigione. Per questo quando i due vengono fermati a Imperia per un controllo e il fratello di Saman viene bloccato dai carabinieri, perché minorenne e senza documenti, per lui è una sorta di liberazione. Danish Hasnain, invece, riesce ad andarsene perché, in quel momento, non è ancora indagato. Fugge e stacca il cellulare, che risulta irraggiungibile dal 5 maggio. Ora è ricercato in tutta Europa. Gli inquirenti sperano di catturarlo nei prossimi giorni. Ma tutto questo, purtroppo, non riaccenderà il sorriso di Saman.