
di Martina Vacca
PISTOIA
Giovanissima. Schiacciata negli ingranaggi dei macchinari sui quali stava lavorando, senza scampo. La morte di Anila Grishaj, 26 anni, incastrata e stritolata, martedì, in un’industria alimentare di surgelati a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, ha sconvolto l’Italia intera. Nella mattinata di ieri è stato organizzato un sit-in esterno allo stabilimento della tragedia, in cui operano circa 170 addetti e che si occupa di produzione di surgelati. La morte della ventiseienne è la fotocopia di quella di Luana D’Orazio. Di quel corpo esile finito dentro un orditoio in un’azienda tessile a Montemurlo, nel Pratese, il 3 maggio 2021, si sono occupate le perizie dei tecnici. Ma il sorriso luminoso dell’operaia di 22 anni è diventato un simbolo per tutta l’Italia. Quello della battaglia, portata avanti da famiglie e sindacati, contro le morti bianche.
E oggi, è la voce di Emma Marrazzo, la madre di Luana, che si alza a difesa delle vittime. Un dolore che si rinnova. "Una piaga personale aperta, che diventa quella di tantissime persone, perché a due anni e mezzo di distanza, vedo che nulla è cambiato".
Cosa dovrebbe cambiare?
"La legge, prima di tutto. Ma dobbiamo affrettarci con la raccolta di firme sulla piattaforma (raccoltafirme.cloudapp) perché sia discussa finalmente la legge sull’omicidio sul lavoro. Ad oggi sono state oltre diecimila le firme sulla piattaforma ma ci avviciniamo alla scadenza, a gennaio, e dobbiamo arrivare a raccoglierne almeno 50mila. È una battaglia importante, ma non è l’unico fronte su cui lavorare. Insieme bisogna cambiare la mentalità delle persone e bisogna iniziare dai ragazzi, dai bambini. Per questo, continuo i miei incontri nelle scuole".
Che cosa dice ai ragazzi?
"Parlo ai futuri lavoratori ma anche ai futuri imprenditori. La sicurezza va compresa come valore, non come un passaggio burocratico. Se non cambiamo la testa e il cuore delle persone, niente si muoverà. I bambini sono molto più interessati di quello che si possa pensare, fanno domande e ascoltano. Forse perché io sono una mamma e una nonna".
Oggi lei sta crescendo il figlio di sua figlia.
"Lui era un bambino di 5 anni, quando ha perso la mamma. Eppure ha subito capito quello che era successo: ’Se la mamma è stata uccisa dalla macchina – mi ha detto – quella macchina va cambiata subito’. Così parla un bambino, ma ci sono adulti che non comprendono".
Che cosa, per esempio?
"Che a un macchinario potenzialmente pericoloso bisogna lavorare sempre in due, anche se costa di più. Che ci deve essere un responsabile, addetto al controllo di ogni settore, che vigili sul lavoro degli operai".