Mercoledì 24 Aprile 2024

Ischia, il solito film del giorno dopo

Un Paese immobile e fragile

Frana a Ischia (Ansa)

Frana a Ischia (Ansa)

Dobbiamo ripeterlo? Secondo voi ha senso dirlo ancora una volta? Davvero e di nuovo dobbiamo ribadire che, in Italia, il 94 per cento dei nostri paesi, delle nostre città, è a rischio idrogeologico? Lo avevamo scritto subito dopo la terribile notte del 15 settembre, quando l’alluvione (l’ennesima alluvione) aveva seminato morte e danni nelle Marche. E lo abbiamo scritto tutte le volte che piove un po’ più del solito. Puntuali, alle tragedie seguono dolore, indignazione e promesse di riscatto. Ieri, in aggiunta, abbiamo subìto anche lo sconcertante susseguirsi di confuse dichiarazioni sul numero di morti e di dispersi sotto il fango di Ischia.

Poi, però, resta solo la cruda realtà dei fatti. Uno su tutti: la superficie ad alto rischio di calamità naturale, certifica l’Ispra, tra il 2017 e il 2021 è aumentata del 17 per cento.

Le responsabilità sono chiare, perfino amplificate da un vergognoso immobilismo. Da una parte, le grandi nazioni non riescono a mettersi d’accordo su una serie politica che rallenti il riscaldamento globale. Sembra rassegnato perfino il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres: "Il pianeta è ancora in rianimazione: dobbiamo ridurre ora e drasticamente le emissioni e questo è un problema che non abbiamo affrontato".

Dall’altra parte, gli enti locali sfruttano in tutti i modi possibili l’unica risorsa che resta: il territorio. Le remunerative concessioni edilizie si moltiplicano. E si continua allegramente a costruire nei letti dei fiumi, nelle aree di esondazione naturale, alle pendici di montagne sempre più fragili e instabili. In mezzo, poi, ci siamo noi. Disponibili ad abbassare la temperatura di casa per conservare l’ambiente, a patto che la casa sia quella degli altri. Favorevoli a costruire di meno, sempre che non siano compromessi i nostri affari.