Sabato 20 Aprile 2024

Qui radio Londra vi parla Goebbels

Lavrov e i paradossi della libertà

Michele Brambilla

Michele Brambilla

I nostri complimenti ai colleghi di Rete 4 per l’intervista a Lavrov non sono sinceri: sono sincerissimi. Hanno fatto un scoop eccezionale che avremmo voluto fare noi (invidiosi). Chapeau. Questa è la prima premessa. La seconda è che mai, nemmeno durante una guerra, si deve limitare la libertà di espressione: ci distinguiamo dai Paesi in cui la libertà di parola è proibita – a partire dalla Russia di Lavrov – proprio per questo. Ciò detto, le polemiche per l’intervista al ministro degli esteri russo sono tutt’altro che insensate. Ci portano a un tema cruciale: fatta salva la libertà di parola, è lecito che ciascuno possa diffondere impunemente tante menzogne?

Lavrov ha detto una imbarazzante quantità di sciocchezze: ha negato che la Russia abbia mai minacciato la guerra nucleare, quando sulle tv russe è da giorni che vengono mostrate con orgoglio le simulazioni dei missili che distruggerebbero Londra in pochi secondi; ha ripescato la leggenda su Hitler ebreo, diffusa durante la seconda guerra mondiale dal governatore nazista della Polonia Hans Frank; ha intiminato a Zelensky di "cessare le ostilità", come se l’aggressore fosse l’Ucraina e non la Russia (e questa è la regina di tutte le balle). Ma del resto: che le affermazioni di Lavrov siano state "deliranti" e non condivisibili lo ha detto lo stesso Mauro Crippa, direttore generale di Mediaset, il quale, ovviamente, ha però difeso la scelta di mandare in onda l’intervista. E certo Mediaset ha fatto bene a trasmetterla, nonostante l’assenza di un contradditorio che Lavrov non avrebbe accettato, facendo quindi saltare la trasmissione.

Il punto è però un altro. È che quando qualcuno le spara grosse, occorre che sia subito sbugiardato. Oggi sembra che ogni tv sia obbligata a ospitare sempre il controcanto. Ci sono tv che hanno ospiti fissi giornalisti russi i quali, se in patria parlassero liberamente, si beccherebbero fino a quindici anni di galera, e che da noi fanno i corifei di Putin. È giusto? È democratico? Ma è come se Radio Londra avesse fatto sentire anche l’opinione di Goebbels, e se in un dibattito sull’Olocausto si fosse ritenuto doveroso sentire anche la versione di Himmler.

Non si tratta di ripristinare la censura: si tratta di mettere in guardia tutti noi da un imbroglio. Certi imbecilli diventati improvvisamente famosi non vengono invitati nei talk show "perché bisogna sentire tutte le opinioni", ma perché alzano lo share. E il risultato è che non si riesce più a distinguere nulla, si mescolano verità e menzogna, fatti e propaganda. Ha vinto ovunque, purtroppo, la strategia dei social: uno vale uno. Che sia un premio Nobel o un ubriaco, una vittima o un assassino, un uomo libero o un Lavrov.