Rondoni
La festa e la morte. Come stanno insieme? Ora che l’immagine della morte ci circonda, tremenda nelle notizie delle guerre, e intima nelle vicende personali di tutti, che senso ha fare festa? Quella che i tanti e specie i nostri giovani non senza ansia o forse per dimenticarla stanotte faranno. Sarà un esorcismo? Una notte di oblio? Un segno, come critica la Russia di Putin vietandola, di un Occidente ormai perduto in varie forme di oblio, dalla libertà intesa come consumo, alla droga alla cancel culture? Con quale cuore si farà Halloween ora che la morte è reale, onnipresente? Con più delirio, più smemoratezza, o forse provando almeno per questa volta a guardare cosa c’è dentro il senso della festa dei morti? La festa di All Hallow’s Eve, Halloween, vigilia di tutti i Santi, era una festa cristiana, come si evince dal nome in inglese antico. Poi ha perduto i connotati di fede ed è divenuta pura occasione commerciale. Eppure, come dice la sua origine, era festa legata alla santità, alla durata dell’anima oltre la morte. Quindi potrebbe essere non solo un banale esorcismo commerciale, non solo una ennesima arma di distrazione di massa. Potrebbe essere una riscossa. Potrebbe essere un segno importante, se insorgesse in noi non solo lo scoramento che dura poco più d’un istante davanti alla tv, ma anche un minimo di pietà vera, infinita, che sempre si accorda alla speranza che no, non sia la morte l’ultima parola sulla vita. Se fosse abitata, sperdutamente, questa festa, da una presa di coscienza, da un tremore dell’anima e dinanzi alla morte reale di tutte queste persone, questi bambini, fosse una festa-grido, una festa-preghiera, una festa-vittoria invece che una festa triste, una distrazione, ecco, se questa volta Halloween fosse davvero Hall Hallow’s Eve, festa di tutti questi santi morti in guerra, non sarebbe una notte superficiale. Non sarebbe stupida, crudele.