Questa piccolina ci dice che vince l’umanità

Chiara

Di Clemente

Scongelato più o meno come Woody Allen nel Dormiglione, e adottato a inizio 2020 da una coppia con la mamma di 29 anni, un embrione orfano crioconservato dal ’92 è ora la neonata Molly Everette Gibson. L’embrione ha 28 anni, e i mass media sottolineano che si tratta di un record mondiale di durata in fatto di inizi di vita surgelati e poi restituiti alla luce. I non mass media possono invece anche dedicarsi ad altro: abbracciare – col pensiero, da lontano ma con tutto il calore possibile – la piccola Molly, salvata dal ghiaccio e dalla solitudine. Dopodiché rallegrarsi che almeno stavolta il sottile confine che distingue l’umano dal post-umano, sia stato superato imboccando la direzione che va verso lo sbocciare di una nascita, anziché la volontà ostinata di sconfiggere la morte. Nel suo libro-inchiesta ’Essere una macchina’ Mark O’ Connell racconta di un presente in cui, nella follia del movimento transumanista, si predica il superamento della dimensione biologica attraverso la tecnologia: crioconservazione, uploading dei nostri cervelli, ovvero scaricare i dati di un cervello umano su un computer in modo da poterli ritrasferire su di un corpo sano, tutto all’unico scopo di liberarsi dal terrore di cadere, finire, tornare a essere cenere. ’Usare’ invece la tecnologia per dare vita, ci avvicina forse a uno dei motivi per cui siamo sulla Terra: "È nell’intelletto che si coglie l’immagine di Dio", secondo Sant’Agostino, e non nel corpo, per il quale si tratta solo di vestigia. Ciò che muore sono le vestigia. Ciò che nasce è intelletto. E amore.