Quelli che dicono no "Mai il rigassificatore Giù le mani dal turismo e dal mare di Piombino"

Dall’orgoglio di un tempo per le acciaierie alla protesta di massa "Piazzare una nave in porto significa mettere a rischio l’economia basata su impianti agroittici e attività marinare"

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Luca

Filippi

Le ciminiere, qui, per decenni sono state l’orgoglio della città. Una città che dopo la seconda guerra mondiale forniva acciaio per la ricostruzione a tutta l’Italia. Il fumo del carbone che alimentava l’altoforno, non faceva paura, era il progresso.

Un amore amaro dopo la crisi delle Acciaierie, posti di lavoro perduti e un futuro da reinventare. Quasi un ’tradimento’ che in molti suscita diffidenza per qualsiasi impianto industriale. E oggi la stessa piazza, pochi anni fa gremita per dire no allo spegnimento dell’altoforno, è animata dai cartelli del ’No al rigassificatore’. Eppure non si tratta di avere un forno a carbone, l’impatto nell’atmosfera del rigassificatore è nullo. Perché il progetto allora non piace? Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, nominato dal Governo commissario per la realizzazione del rigassificatore a Piombino, ieri ha ascoltato le ragioni della città e del territorio nel consiglio comunale aperto, mentre fuori qualche centinaio di persone manifestava contro il rigassificatore. I sindaci della Val di Cornia hanno spiegato che piazzare una nave rigassificatrice in porto rischia di vanificare la diversificazione economica basata su turismo, impianti agroittici e attività marinare. Poi Piombino ritiene che dopo tanti anni di mancate risposte sulle bonifiche, sulla sanità, sulle infrastrutture (qui c’è ancora una sola strada di accesso) e sulle Acciaierie, non sia accettabile realizzare in pochi mesi un rigassificatore.

"Non è possibile – osserva uno dei manifestanti – che quando la città e il territorio hanno chiesto ai vari Governi di intervenire ci sono stati una serie di rinvii, mentre quando il Governo ha bisogno di Piombino per risolvere un problema, allora si fa tutto in breve tempo". Ed è su questo punto che c’è stata convergenza tra forze politiche diverse, da Fratelli d’Italia con il sindaco Francesco Ferrari, al Pd con gli altri sindaci dei Comuni limitrofi e il consigliere regionale Gianni Anselmi. E comunque, come hanno spiegato i sindaci, servono risposte sul tema della sicurezza. Ci sono procedure da seguire per le autorizzazioni e i sindaci daranno battaglia. Sulle norme, dall’incontro in Regione è emerso che la distanza di sicurezza prevista per questo tipo di impianti è 300 metri, quindi ci sarebbero gli spazi per garantire l’operatività del porto considerato che la nave rigassificatrice verrebbe ormeggiata alla banchina Pim, la più lontana dagli slot dei traghetti per l’Elba (oltre 3 milioni di passeggeri all’anno), con fondale di venti metri. Ma è chiaro che le questioni da chiarire sono molte. Ad esempio quella del carico e scarico delle materie prime e rotaie delle navi destinate alle produzioni delle Acciaierie Jsw che, anche senza altoforno, continuano a lavorare e sono in prima linea per l’assegnazione della maxi commessa da 2,4 miliardi di Rfi per la fornitura di rotaie.

Il confronto con i catastrofisti che paventano esplosioni epocali è difficilmente sostenibile, ma ci sono tante obiezioni razionali al piano, a partire dal fatto che nella provincia di Livorno c’è già un rigassificatore e che l’attività del porto non può essere danneggiata. Alla fine, dopo aver ascoltato tutti, Giani ha spiegato: "Io voglio essere una figura di garanzia, e se ho risposte convincenti dal governo sul memorandum su Piombino (come le opere da sbloccare come bonifiche e infrastrutture) e sulla sicurezza si va avanti, altrimenti non firmo". "La nave resterà in porto due tre anni al massimo – ha aggiunto Giani – poi va via, anche perché quella banchina è stata realizzata con 110 milioni di investimento anche dalla Regione Toscana".

"Ormai da dieci anni – insiste Giani – dall’inizio della crisi delle acciaierie, su Piombino si sono concentrati progetti, protocolli, accordi di programma, ma poi in realtà non è stato fatto nulla". Ed è anche per questo che qui "la protesta o i dubbi verso il rigassificatore si sono amplificati più di ogni altro luogo", osserva. "A Ravenna, scherzando, hanno detto: se non lo prende la Toscana lo prendiamo noi. Una battuta che descrive un clima totalmente diverso". Invece, prosegue, "noi dobbiamo concordare con Piombino i dieci punti del memorandum, tra strade, bonifiche, fonti rinnovabili, risorse di supporto al sistema economico". Tuti aspetti "necessari per vedere e traguardare la Piombino del domani".

Intanto Snam ha già incontrato i proprietari dei terreni dove dovrebbe passare il tubo di collegamento del gas dal porto alla dorsale nazionale. E i no al gas in questo caso sono diventati sì, grazie ai lauti indennizzi previsti.