Panettiere
Sarà anche "un animale sociale", come sosteneva Aristotele, ma l’uomo oggi sfoggia sempre più il proprio lato animalesco. Per la socialità chiedere a Diogene e non è detto che la sua lanterna riesca a metterla a fuoco, visto che a guardarsi intorno si colgono solo rabbia e violenza. Prepotenza, a voler riassumere ciò in cui troppi si rispecchiano. Una miccia e si esplode. Non si accetta più la relazione, un parere diverso, un ammonimento bonario. Un passante chiede ad un automobilista di andare più piano e si ritrova colpito a martellate. Roba da far tirare un sospiro di sollievo al ciclista regolarmente preso a ’pesci in faccia’ dal mancato Hamilton di turno che lo tallona al volante. Ode al clacson, altroché.
Contiamo solo noi, tanto che l’altro, se non è più visto come una risorsa (e non da oggi), è sempre meno anche un’utilità. Gli altri sono di troppo, punto e basta. Sono un ostacolo su cui rovesciare frustrazioni, delusioni e ignoranza. Convinti, come siamo, di aver ragione, sempre e comunque, su tutto. Non importa se non siamo medici, da dietro il bancone del bar filosofiamo a piacimento su infezioni, vaccini e complotti.
Il know-how non serve per incavolarci (o peggio) col sanitario colpevole solo di chiederci un caffè e una brioche. Il Covid, eccolo il convitato di pietra della rabbia dilagante. Potevamo uscirne migliori. E invece, ne siamo riemersi più cattivi, lo ha dovuto riconoscere anche il Papa nella sua Fratelli tutti. Le troppe ore passate davanti al pc durante il lockdown – un male minore per dirla in termini gesuitici – hanno lasciato il segno sulla psiche di troppi senza che la società si sia ancora presa carico anche di queste ferite. Ma i social restano un’occasione di relazione. A patto di scremare la vita reale da quella virtuale. Alzare gli occhi dallo schermo per cercare quelli dell’altro. Non come lupi, armati di martello, ma da uomini assetati di dialogo. Siamo più Aristotele che Hobbes, in fondo.