Quelle emozioni finite in lockdown. Una generazione di ragazzi smarriti

I giovani hanno pagato un prezzo altissimo, rinunciando a esperienze che avrebbero dovuto farli crescere. La psicologa: "L’adolescenza serve a trovare i propri limiti. È un compito evolutivo, ed è stato interrotto"

Ragazzi in dad

Ragazzi in dad

Hanno rinunciato al tempo e allo spazio, alla scuola, al gioco, al cuore spezzato, ai nonni. Hanno saltato Natale e Pasqua. Sono finiti dentro un videogame sperimentando l’insonnia e la panificazione domestica, gli scacchi e la noia. Una generazione sfinita prova a rimettersi in gioco ed è un secondo venire al mondo, doloroso come il primo. È bello vederli sciamare di nuovo con i fogli che scappano dallo zaino e gli occhi famelici. Impossibile non commuoversi quando al tramonto colonizzano i giardini e sparano al cielo grida e palloni. Hanno pagato più di tutti. Ci sono mancati. Jacques Prévert nel 1951 scrisse: "I ragazzi che si amano si baciano in piedi contro le porte della notte. E i passanti che passano li segnano a dito". Le porte della notte erano sbarrate, i baci proibiti, i passanti estinti. È stata dura per tutti, ma per loro che viaggiano negli anni fragili di più. Avrebbero dovuto innamorarsi di una persona al mese, riempire il diario di giorni memorabili. Nella palude qualcuno si è perso, gli altri faticano a uscire.

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L’impatto che il Covid ha avuto sui più giovani sarà contabilizzato a emergenza davvero finita. Ma il prezzo per queste vite messe in pausa lo conosce ogni famiglia. Ci sono vulcani pronti a esplodere. E piccoli hikikomori chiusi in una stanza che non ne vogliono sapere di uscire. "Mi sento un bidone dell’umido", scrive una ragazzina in quelle cronache della pandemia che stringono il cuore. Francesco Piccolo, lo scrittore, cita la "primavoltità" di Gadda per dire quello che si sono persi: non le materie scolastiche, ma la materia di cui è fatta la vita: un’alternanza di felicità e solitudine, trionfo e fallimento. Altra testimonianza dal campo della prima adolescenza: "Il Covid mi ha tolto la fame, gli amici, il sonno. Mi ha tolto la speranza, le stelle, la pioggia e il sole scottante. Mi ha tolto il sorriso e la leggerezza, la voglia di studiare, la forza di viaggiare".

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Una seconda gigantesca emergenza ci sta venendo addosso: restituire loro ciò che hanno perso, risarcirli. La psicologa Elisa Spini conferma che hanno pagato a caro prezzo il cliché di generazione privilegiata, sdraiata per scelta e non per lockdown: "L’adolescenza è in sé un momento delicato, il periodo della vita in cui si è chiamati ad andare oltre i limiti per trovare la misura giusta in cui stare. È un compito evolutivo. Ed è stato interrotto". Bisogna allora tornare per gradi a una società fatta di corpi, al contatto. Riconciliare noi e loro con un tempo che sembrava sospeso e invece è passato con la sua scia di esami, compleanni, riti di passaggio. La mancanza di senso è un giorno che si ripete come in quel film: "Ho lasciato i miei libri a metà, è tutto vuoto. Mi manca il suono delle risate del sabato pomeriggio al parco, gli sguardi che si incrociano fra i banchi, le mani che si intrecciano". Sono ricordi di prigionia. E infatti. "Nulla è più impegnativo che togliere la libertà a una persona – spiega Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva –. E noi abbiamo chiesto loro di stare imprigionati proprio in una fase della vita che per definizione deve stare nel fuori, vivere di esplorazione e di relazione". Pensavamo di crescerli felici, senza fatica e frustrazioni: "E invece – continua Pellai – si sono imbattuti in maniera prepotente nella dimensione della responsabilità e del sacrificio. Vedremo molto malessere, la salute mentale è un’emergenza dopo l’emergenza sanitaria. Tutti i fattori di protezione che servono al nostro benessere mentale ci sono stati tolti per proteggere il corpo, ma il corpo è solo un contenitore".

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Stefano Vicari, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, avverte che a un certo punto gli adulti dovranno farsi da parte per caldeggiare il "rapporto fra pari" alla base della "peer therapy". Sarà una cura fra coetanei, i leader naturali troveranno il modo di trascinare gli altri fuori dalle sabbie mobili.

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