di Piero Degli Antoni Pazza idea di fare un altro Tg. Era il 13 gennaio di trent’anni fa e la Fininvest si lanciò nell’impresa più audace della sua storia: fare concorrenza al Tg1, muro contro muro, ore 20 contro ore 20, e vinca il migliore. Una sfida su cui nessuno avrebbe scommesso, meno probabile di una vittoria di Verstappen alla penultima curva, meno ancora di un gol di Sanchez al 120’. Insomma, una roba da mulini a vento. Il giorno dopo tutti restarono a bocca aperta: il Tg5 aveva battuto, di un millimetro ma l’aveva battuto, il Tg1. Il pomposo, solenne, formale Tg1 aveva smesso di colpo di essere il sole attorno a cui ruotavano tutti i pianeti dell’informazione italiana. Accanto all’anziana edicola televisiva ne aveva appena aperta un’altra, moderna, scintillante, soprattutto giovane. Incontrai il direttore Enrico Mentana il giorno prima della messa in onda (allora aveva 36 anni) ed era elettricamente energico (come lo è ancora adesso, per la verità) animato dalla consapevolezza che creare un Tg dal nulla era un’esperienza che pochi possono vantare, era come sfregare la lampada di Aladino per vedere cosa ne sarebbe venuto fuori. Accanto a lui una squadra di prim’ordine, altrettanto giovane ed entusiasta: Clemente J. Mimun numero 2, Lamberto Sposini (definito da Mimun "numero 2 bis"), Emilio Carelli, Cristina Parodi, Cesara Buonamici. Chi dietro e chi davanti allo schermo, diedero tutti una fisionomia ben delineata al nuovo telegiornale, che fin da subito si è contrapposto alla paludata informazione Rai con una diversa scelta delle notizie, un taglio più agile, più leggero, più scattante, meno attento alla politica e più vicino agli incroci delle strade. Da quel 13 gennaio gli italiani hanno scoperto – con piacere – un modo nuovo di fare informazione, che ha via via contagiato le altre testate. Per dirne una, ...
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