Giovedì 25 Aprile 2024

Gemelli uccisi, quell’immagine di Maria nella foto dell’addio

L’ultimo scatto è un cortocircuito, mescola un tentativo di preghiera con la ’bestemmia’ di chi considera i figli un proprio possesso

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Le parole non possono. Ma devono provare a dire, o almeno sfiorare, e io dico, devono come possono, accarezzare la tremenda buità dell’evento. Cosa succede nella testa di un uomo che si fotografa in questo modo coi suoi figli e poi li uccide? Non lo sapremo mai, ma le parole devono non tanto indagare l’insondabile, ma tornare indietro con qualcosa che ci faccia pensare. Le nostre parole non possono afferrare il nucleo doloroso, violento, terribile dell’evento. Questo nucleo resta e resterà nell’oscurità e nelle mani di Dio che sono dietro ogni cosa per noi incomprensibile. Ma c’è un segno nella foto in cui il padre maledetto (da cosa? da se stesso, da un suo fallimento, da che artiglio?), un segno strano c’è. Scrive che lui e i suoi figli staranno per sempre insieme e nella foto si vede, volutamente, inquadrata una edicola o cappellina della Madonna.

E accade un cortocircuito tremendo. Come se il ’per sempre’ scritto lì, prima di un atto terrificante, pieno di disperazione, fosse pronunciato in modo stravolto dinanzi al segno che, nella vita di quest’uomo, quelle parole avessero un significato. Come dire (e tremano le vene a dirlo) "porto i miei figli nel per sempre che per me è quello". Infausto, ingiusto, insopportabile cortocircuito tra lacerto di preghiera e bestemmia, tra linea possibile di luce (i figli non sono cosa tua, bastardo! Se sono di qualcuno sono di Dio, appunto) e l’atto sprofondato nel buio, nella demenza oscura, nel dolore che genera solo dolore. La nostra coscienza non può riconoscere quel tremendo indizio. E non può vedere quanta distanza anche da altre foto e apparenze ci sia dalla realtà, in questa epoca dell’apparire a tutti i costi. E certo resta e resterà per sempre, sì per sempre, la bestiale violenza e ingiustizia dell’atto che solo Dio se saprà esser anche in questo caso Dio potrà prendere tra le mani e giudicare conoscendo tutti, tutti i fattori in gioco. E resta il dolore di lei, della madre, che è diventata improvvisamente priva dell’amore dei suoi figli e quindi tremendamente santa, votata a una vita sacra o definitivamente dissolta. E quell’indizio di chiara cappellina alla Madre ancora una volta ci brucia negli occhi.

Qualsiasi sia stato il fallimento o raptus (parola comoda questa) o qualsiasi sia stato il movente che ha spinto il padre ad andare contro la cosa più cara, resta il segno che se un per sempre c’è per quei ragazzini meravigliosi è di certo nelle braccia di quella Madre. Che non li voleva, che voleva stessero con lei, con la loro mamma, e se li è trovati, per così dire, scaraventati in braccio dalla demenza peggiore che può assalire e annientare un uomo.

A quel segno, tremendamente, ora deve poter guardare lei, la madre estirpata, la madre violata. Quante foto di cose finte, di cose truccate, di apparenze ci facciamo! E quanto ormai le foto, la loro continua oceanica diffusione, provvede a aumentare non la rappresentazione o la lettura intensa del reale bensì la finzione assoluta, la demistificazione, la recita.

E questa foto di padre raggiunge un culmine assurdo e interrogante. Dove sta la verità in questa immagine? Non c’è nulla di vero? O forse per uno strano gioco del destino – chiamiamola in causa questa parola che vorremmo addomesticare sempre – c’è un indizio, una cosa che usata male rivela qualcosa, una pista, un fantasma che ci parla, ci inquieta? Come se violentemente, attraverso il gesto stravolto e per noi imperdonabile di questo padre condannato in tutte le cronache pubbliche e private, ci arrivasse un monito in forma di domanda: cosa pensi che sia il ’per sempre’ dell’amore? Coincide con il tuo possesso e potere su chi ami ? Cosa dici quando dici: ti amerò per sempre?