Quel vuoto normativo da colmare

Viviana

Ponchia

Due donne si amano e sono unite civilmente. Vogliono un bambino. Una creatura che le mescoli e le avvicini a livello biologico come di più non si potrebbe. Ci pensano e partono per la Spagna. Luisa dona il suo ovocita fecondato, Federica porterà in grembo i loro gemellini. Chi è più mamma delle due? Rispondete senza pensarci, non siete un giudice. Rispondete d’istinto considerando la fortuna di quelle due creature volute e amate al quadrato. E poi domandatevi perché in questa storia non c’è il lieto fine.

Ci siamo incartati. Annaspiamo come gattini nel gomitolo dentro un sistema contorto dove le leggi non si parlano e sembrano fatte apposta per contraddirsi. Abbiamo le unioni civili, il diritto al colore delle famiglie arcobaleno. Qualche giorno fa il tribunale civile di Roma ha riconosciuto a due donne la possibilità di apparire entrambe come genitore della loro bambina. Invece mamma dei gemellini sarà solo Federica, perché la fecondazione eterologa in Italia non è permessa e quindi Luisa ha infranto la legge. Quanta strada dobbiamo ancora fare nel viaggio dei diritti civili. Passi avanti tanti, ma si resta sempre indietro.

E i giudici, in questo caso anche loro due donne, sono i primi a essere sconcertati. Posano il codice che devono per forza seguire: "Ci siamo attenuti in maniera ferrea a una normativa che non può essere interpretata". Ma se potessero chiederebbero una vanga. Per coprire subito quello che nei pasticci in cui è palese come decidere, però decidere fa male al cuore, si chiama vuoto legislativo. Ecco, dentro la voragine di un vuoto legislativo finisce il mancato lieto fine di Federica e Luisa. E magari ci sarà chi le accuserà di equilibrismo premeditato, di averla fatta troppo complicata. Anche per questo, per evitare a tutti l’imbarazzo, il vuoto va colmato.