Ennio Morricone, quel fischio western nella Storia. Così conquistò Leone e Tarantino

Le prime musiche con gli pseudonimi Dan Savio e Leo Nichols per i film del compagno di scuola . Creò un suono ’tutto italiano’ venerato dal regista di “Pulp Fiction“ con cui vinse l’Oscar nel 2016 .

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In principio furono l’urlo e la frusta, il fischio e il marranzano, i colpi di pistola e il galoppo dei cavalli. In principio esplose violenta e definitiva come una rivoluzione una musica che in un film non si era mai sentita prima. In principio ci fu un misterioso compositore di colonne sonore che nei titoli di testa appariva come Dan Savio. Ma del resto chi era quel regista che si firmava Bob Robertson e quel ‘vilain’ assetato di sangue che rispondeva al nome di John Wells? Solo un certo Clint Eastwood arrivava realmente da Hollywood anche se quel nome, in quello spaghetti western del 1964 su cui nessuno avrebbe puntato un pugno di dollari, sembrava improbabile al pari degli altri.

Dan Savio (altro pseudonimo Leo Nichols) era il romano trasteverino Ennio Morricone, diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia sotto la guida di Goffredo Petrassi, incamminatosi sulla strada della musica contemporanea finché non capì che il lavoro doveva servire anche a guadagnare qualcosa. E allora furono gli arrangiamenti per le canzonette alla Rca, per i varietà della Rai fino a che, il musicista Mario Nascimbene gli chiese di comporre qualche brano in incognito per il cinema. Aveva già firmato con il suo nome qualche film – il più famoso Il federale di Luciano Salce - quando i produttori di Per un pugno di dollari lo imposero a Sergio ‘Bob Robertson’ Leone e lui non ne voleva sapere, voleva Angelo Francesco Lavagnino a comporre la musica di quel debutto nel western straccione da girare nell’Almeria spagnola che si stava reinventando come un Far West favolistico e totalmente immaginario. "Per il mio primo western chiesi una colonna sonora simile al ‘deguello’ che Dimitri Tiomkin aveva usato in Un dollaro d’onore e La battaglia di Alamo. Il ‘deguello’, il canto della morte. "

Ma Morricone non ci pensava minimamente. "Mi toccò dire a Sergio, ‘Guarda e vuoi mettere nel film quel lamento, io non voglio averci niente a che fare", come rievocò parlandone con Christopher Frayling, il più grande biografo di Leone. E allora via, ecco l’idea del regista di comporre la musica prima di girare il film in modo da poter adattare già le scene a un ‘mood’ (cosa non realizzabile per quel primo film ma che verrà adottata anni dopo in C’era una volta il West), ecco la geniale intuizione del musicista di comporre per un western un ’suono italiano’, perché sotto quegli Stetson e quei sombreri le facce appartenevano a caratteristi trasteverini, al massimo spagnoli, sempre mediterranei. Ecco l’ironia, ecco gli strumenti mediterranei accostati alla tromba ed ecco che un universo musicale inedito si incarnava in una visione cinematografica che avrebbe rivoltato come un calzino l’unica vera tradizione artistica autoctona (il western).

Morricone e Leone: un Giano Bifronte che partorisce capolavori. E che ispirerà tanti musicisti a venire, non solo nel campo delle colonne sonore (vedi Hans Zimmer) ma nel rock, anche metal perché non esiste omaggio più intenso dell’Ecstasy of Gold (da Il buono il brutto e il cattivo) che i Metallica hanno interpretato e con il quale aprono i loro concerti.

Una trasversalità, un mix di alto e di basso, di classica e di pop, di sinfonica e di rumori bizzarri che non poteva sfuggire all’altro grande innovatore, colui che più di tutti ha raccolto il testimone pesante di Leone: Quentin Tarantino. Il regista lo corteggiò per anni finché non riuscì ad averlo tutto per sé con The Hateful Eight (e il Maestro vinse l’Oscar nel 2016). Nel booklet del disco la dichiarazione d’amore tarantiniana è quella dell’assoluto: "Quello che tenete fra le mani è un vero atto d’amore e per me, il risultato finale di un sogno che si è avverato".

Perché finalmente aveva ottenuto uno ‘score’ originale dal Maestro in persona. Perché se c’è una cosa che incide nella pietra della storia del cinema il nome di Morricone, è proprio questa: creare un dna musicale-emozionale che diventa la spina dorsale di un film. È accaduto con Leone e Tarantino, ma è accaduto anche con Tornatore che più di ogni altro si è affidato alla musica di Morricone per lanciarsi nel cielo stellato degli ‘autori’. Ed è accaduto con Bertolucci, Montaldo, Petri, Pasolini, Bellocchio e Pontecorvo. Con oltre 400 colonne sonore, molte sopravvissute a film dimenticati. C’era una volta l’epica. E il sogno e la visione. E se questi elementi si faranno spazio nelle nostre vite, la colonna sonora sarà sempre una sola, quella di Ennio Morricone.