Giovedì 3 Ottobre 2024
MATTEO MASSI
Cronaca

Quei sacerdoti in prima linea per la legalità

Don Antonio Coluccia e don Maurizio Patriciello sono due preti che lottano contro la criminalità, nonostante le minacce ricevute. Convivono con la paura, ma non si lasciano condizionare. Sono "indigesti" per i criminali, ma sono un baluardo di legalità e voce della coscienza del Paese.

Giovanni Falcone parlò così della (sua) paura: "L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, ma è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa". Don Antonio Coluccia e don Maurizio Patriciello non si sono fatti mai condizionare, anche se ammettono – come è umano che sia – di avere paura dopo aver ricevuto per anni minacce (più o meno velate) e aver subito anche attentati. Nell’ultima settimana, per motivi diversi, i fari si sono accesi (dove restano spesso spenti, se non fosse proprio per don Antonio e don Maurizio): prima su Caivano nel Napoletano (per l’orribile stupro) e poi su Tor Bella Monaca, quartiere di Roma (per il raid proprio contro don Antonio che da anni si batte contro le gang dello spaccio).

Sono due preti che un tempo avremmo definito scomodi, ma don Antonio ha un altro aggettivo per (auto)definirsi e definire quelli che come lui escono dalle chiese non solo per portare la parola di Dio, ma per essere il baluardo della legalità e in definitiva anche la voce della coscienza di un Paese, in cui ci sono quartieri e periferie abbandonati dove la criminalità sembra aver vinto. L’aggettivo scelto da don Antonio è “indigesto“. Così rispose infatti alle minacce sui muri contro di lui: "Mi avete scritto che sono buono da mangiare? Purtroppo per voi che vi muovete nell’ombra, sono un prete indigesto. Un essere umano disposto a sacrificare se stesso con la massima umiltà, ma anche con la straordinaria forza della parola di Dio".

Tutto questo accade in un Paese che tra due settimane (il 15 settembre) si preparerà a ricordare il sacrificio di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia trent’anni fa. Sei lustri dopo poco o nulla sembra essere cambiato, se il carico di un impegno civile, in prima linea, spetta ancora a due sacerdoti che nel convivere con la loro paura, hanno scelto di mettere il proprio corpo e le proprie parole per denunciare lo sfacelo.