Uno spettro si aggira tra i ragazzi: a volte li sfiora soltanto, ma tanto basta a fare loro molto male; a volte li invade, impedendo di vivere. Lo spettro si chiama ritiro sociale. Chiudersi nella propria stanza ma anche rinunciare a una serata con gli amici, e poi a poco a poco allo sport, alla scuola. Alla vita. "C’è sempre stato, adesso però se ne parla di più" spiega Stefano Vicari, professore di neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e direttore dell’Unità operativa complessa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che ha dato alle stampe per il Mulino il libro Adolescenti che non escono di casa (Non solo Hikikomori) scritto insieme alla collega Maria Pontillo, psicoterapeuta del Bambino Gesù. La molla è la paura del giudizio, la cura educare i figli fin da piccolissimi alla consapevolezza dei propri limiti, e da adolescenti non lasciarli soli. Professore, lei spiega che al di là dei fattori neurobiologici o di temperamento o ambientali, la causa scatenante del ritiro sociale degli adolescenti è la paura del giudizio. Come si fa a insegnare ai ragazzi a non avere questa paura? "Non c’è una ricetta unica; quello che possono fare i genitori è educare fin da subito il bambino futuro adolescente a gestire le proprie emozioni e le proprie capacità. Avere paura del giudizio degli altri in fondo è legato a una ridotta sicurezza nei propri mezzi e capacità. Il benessere psicologico, la salute mentale si basa su due cose essenziali: l’autocontrollo e cioè la capacità di gestire le emozioni con tranquillità e autonomia, e poi la possibilità di costruire delle relazioni positive. I bambini imparano fin da piccolissimi. E se di fronte a un no detto da un genitore il bambino ha una tempesta emotiva – i ...
© Riproduzione riservata