Giovedì 25 Aprile 2024

Quanto costa la propaganda digitale "Una vetrina da migliaia di euro"

Il consulente Diamanti ha curato le campagne di molti candidati, tra cui Sala a Milano e Nardella a Firenze "La rete è molto importante, ma non sufficiente: serve un piano di comunicazione complessivo"

di Andrea Bonzi

"I social sono importanti in una campagna elettorale, ma devono essere parte di un piano complessivo. Non basta essere su Facebook, Instagram, Twitter o TikTok per raggiungere il proprio obiettivo". Giovanni Diamanti, socio co-fondatore e amministratore di QuorumYouTrend e professore a contratto di marketing politico all’Università di Padova, spiega come impostare – su internet e non solo – una campagna lampo come questa. Con la sua società, Diamanti ha curato campagne in tutta Italia, tra cui Gualtieri a Roma, Sala a Milano, Nardella a Firenze, De Luca in Campania, Zingaretti e Tommasi a Verona.

Professor Diamanti, mettiamo che un candidato si rivolga alla sua società e dica: voglio puntare al voto di una fetta precisa di persone, magari tramite i social. Come funziona?

"Se il candidato vuole rivolgersi a un target particolare come scelta politica, noi non mettiamo becco. Siamo noi consulenti che dobbiamo adattarci ai candidati, e non viceversa, trovare la loro cifra stilistica: non c’è una ricetta che vada bene per tutti. Con Roberto Gualtieri abbiamo puntato sul ’noi’, sottolineando l’esperienza del candidato: non è Obama e non l’abbiamo presentato come tale. Con Damiano Tommasi abbiamo puntato invece su civismo e novità, raccontando una figura diversa dalla politica tradizionale".

Quanto pesano i social nella vostra strategia e, più in generale, nelle campagne elettorali di oggi?

"Contano sicuramente, soprattutto in una campagna elettorale rapida ed estiva come questa. Ma, attenzione, non si vince solo per i social: ci possono essere candidati vincenti con una strategia che ha un utilizzo scarno dei social. Al contrario, non ci sono candidati vincenti che non abbiano una strategia: il punto è avere un piano, non usare TikTok, Instagram, Facebook e Twitter. Insomma, non ci sono social in cui il politico deve esserci per forza o che deve evitare. Come le ho detto, noi preferiamo un approccio meno digitale e più strategico".

C’è un social più convincente di un altro?

"No, dipende dal messaggio che si vuole veicolare. E dal candidato: insieme a lui scegliamo la creazione di contenuti social, l’individuazione del canale più adatto, il ’tono’ della sua presenza in Rete".

E i bot che rilanciano tweet e contenuti dei candidati? Anche i leader e i partiti italiani ne fanno largo uso...

"I bot non bastano certo per vincere una campagna elettorale".

Quanto costa una campagna sui canali social?

"In un collegio, per fare un buon lavoro siamo nell’ordine delle migliaia di euro. Non poco, ma certamente meno delle tradizionali campagne televisive".

C’è pochissimo tempo per fare campagna elettorale, stavolta. Come va impostata la comunicazione in questo contesto?

"Definendo bene le tempistiche. Quando si ha solo un mese a disposizione bisogna sfruttare al meglio i giorni. Bisogna reiterare un messaggio forte con una modalità originale e riconoscibile di contatto con i cittadini".