Martedì 23 Aprile 2024

Le donne e il lavoro. Quanto ci costa il provincialismo misogino

Se si è padri di figlie forse si capisce meglio. La questione maschile nel nostro Paese – il problema sono gli uomini, parlare di questione femminile maschera un’irriducibile misoginia sociale, economica e politica – sta costando a tutti, non solo alle donne. Dei 101 mila posti di lavoro persi a fine 2020 – dati Istat – il 98% (99 mila) sono di donne, 6 volte su 10 le più giovani. Su base annua, 312 mila al lavoro in meno su un totale di 444 mila posti persi. E il peggio deve venire con lo sblocco dei licenziamenti a fine marzo. L’occupazione femminile in Italia è pari al 48.5% contro una media europea del 62.4% nonostante la crisi non stia risparmiando nessuno.

Nella fascia 25-34 anni anche la Grecia fa meglio di noi (+6 punti). Una débâcle, una vergogna senza precedenti a fronte della quale le misure della legge di bilancio 2021 e della bozza-Conte di Recovery Plan sono del tutto insufficienti.

Da padri di figlie si capisce il rischio che le proprie ragazze non riescano a conquistare autonomia e siano costrette alla dipendenza economica, peggio delle loro nonne.

Mancano servizi, infrastrutture sociali, supporti per la cura. I settori che impiegano le donne – istruzione, sanità, assistenza – sono quelli in cui da anni si investe meno, più o meno metà della media europea. I comparti che hanno più patito la crisi Covid (turismo, ristorazione, servizi) sono quelli più occupati da donne, spesso precarie. Donne in prima linea anche nel cosiddetto “privato”, dall’ordinario quotidiano alla gestione della pandemia.

L’equazione decennale +donne occupate = + 7% di Pil è un mantra vuoto che non ha prodotto nulla. Il vero problema è la resistenza politica maschile e il sussiego con cui si guarda alle donne, come a una minoranza svantaggiata da “includere” solo in tempi di vacche grasse.

Si tratta di una vera emergenza. I nodi sono al pettine e non ci sono più margini.

Il Recovery Plan andrà riscritto tenendo altissimi tra gli obiettivi occupazione per le donne, imprenditoria femminile (sfilandola dalle mani di “mediatori” uomini), investimenti su servizi, welfare di prossimità. E il nuovo governo dovrà garantire adeguato spazio allo sguardo femminile. Mario Draghi è uomo che, come si dice, ha ampio uso di mondo ed è abituato al protagonismo politico delle donne. C’è da confidare che tra i suoi molti challenge ci sia anche quello di strappare il Paese dal suo intollerabile provincialismo misogino.