Davide
Rondoni
Anche stavolta qualcuno ha dato l’ordine: "Sia messo alla gogna". Qualcuno che ha il potere di farlo. E quel che era un tempo un pesante collare di ferro e ora è un feroce replicarsi di notizia, di voci, di foto, è scattato attorno al collo del colpevole. Stavolta, a
Forlimpopoli, il malcapitato non ha retto, e s’è ammazzato. Ma tante volte l’ordine viene dato, i segugi partono, azzannano, i guardiani stringono il ferro. L’abbiamo visto tante volte in questi anni.
La "gogna mediatica" si dice, con termine sinistro. A volte su uomini e donne potenti o ex potenti, a volte su poveri diavoli. Alcuni hanno spalle larghe (e soldi per avvocati) per resistere, opporsi. Altri
soccombono. Vite, relazioni, carriere che si disfano. Specialmente i casi come quest’ultimo, dove
la gogna è motivata dalla ricerca di audience su questioni e curiosità morbose, occorre che chi ha
dato l’ordine, chi ha moltiplicato la eco, chi ha premuto il collare di ferro, si metta una mano sulla
coscienza. Ok il diritto di cronaca, ma c’è modo e modo di farla, non si deve esser
necessariamente iene della vita altrui. Le persone sono persone, quando anche abbiano agito male in una occasione – cosa che spetta ai giudici stabilire e non a giornalisti o a piccoli o grandi
influencer sui social media. La gogna facile, evidentemente, è l’altra faccia della medaglia del
grande narcisismo indotto dall’uso dei social, di una informazione e autoinformazione facile e
gratuita opera del singolo individuo. Narcisismo e gogna vanno di pari passo in un uso stupido dei social media. Una editoria irresponsabile, o perché non prevista dalla natura stessa dei social, o perché favorita dai protagonisti, avvelena la società. E fa sentire tutti
a rischio di gogna. Come accade a sudditi, non a uomini liberi.