Martedì 16 Aprile 2024

Quando lockdown fa rima con Chinatown. Prato come Wuhan: solo cento positivi

Viaggio nella comunità orientale più vasta d’Italia. Tutti chiusi in casa e negozi semivuoti, così è stato contenuto il contagio da Covid

Chinatown a Prato deserta (foto Attalmi)

Chinatown a Prato deserta (foto Attalmi)

Prato, 27 novembre 2020 - La piccola rosticceria Yazhou Asia di buon mattino è sempre stata piena di gente. Bambini, vecchi, frastuono, bici che sfrecciano su e giù sul marciapiede adiacente. La signora Wang alle 9 in punto usciva di casa per comprare baozi caldi (panini farciti, ndr) e latte di soia, dopo aver fatto dieci minuti di fila buoni. Oggi non è più così. Oggi, con la comunità cinese di Prato che ha dimostrato di sapersi difendere dal Covid con appena cento casi registrati a partire da marzo, la rosticceria ha predisposto il contingentamento degli ingressi, la strada è semideserta e la clientela scarseggia.

Il segreto dell’immunità orientale è proprio questo: cautela, cautela e ancora cautela. Una sorta di modello Wuhan, con un lockdown rigido nella prima e nella seconda ondata. "Sa – dice la signora Wang con fare sconsolato – quella normalità mi manca. Oggi dobbiamo fare i conti con questa nuova vita. Noi vecchi ne abbiamo visti di cambiamenti, siamo abituati, ma i più giovani?". Ed effettivamente se una certa effervescenza giovanile, soprattutto attraverso la piccola imprenditoria innovativa, spesso femminile, stava radicalmente cambiando il volto della vecchia Chinatown pratese, con l’arrivo della pandemia lo scenario è cambiato di nuovo. Come si fosse incupito. Dei capannelli di ragazzi che stazionano davanti alle tea house radicate in lungo e in largo in questo pezzo di territorio, diventato negli anni il simbolo del più vasto insediamento orientale della penisola, non vi è più traccia. Anche l’iconica piazzetta dell’immaginario, epicentro della narrazione della Chinatown di questi anni, sembra esser tornata quella di un tempo.

Pochi anziani che stazionano, la frutta e la verdura stesa sull’asfalto sopra i teli ma senza i soliti avventori per comprarla, che da queste parti non si fanno più vedere. E che dire delle decine e decine di wedding planner che per anni hanno rappresentato un giro d’affari mostruoso e che oggi tirano giù il bandone? Tutti in lockdown.

Eccolo, il segreto cinese. Senza eccezioni, senza cedimenti. Ricorda il modello Wuhan, appunto. Cento casi positivi al Covid-19 su oltre 26mila residenti cinesi, un numero bassissimo, e tutto tra settembre e ottobre. In più c’è una rete di associazioni e imprese, in dialogo costante con l’Asl, che nel giro di poco tempo ha messo in piedi un profilo su WeChat denominato "PratoTeam - Prevenzione e informazione Covid-19", che aveva ed ha come obiettivo quello di aggiornare continuativamente un database pubblico dove vengono indicate le persone contagiate. Uno strumento straordinariamente utile che si unisce ad un comportamento esemplare che l’Asl adesso vuole studiare.

"Abbiamo incontrato il console cinese – ha annunciato nei giorni scorsi Renzo Berti, direttore del Dipartimento di igiene e prevenzione dell’Asl Toscana Centro –. Gli abbiamo chiesto collaborazione per comprendere meglio alcune dinamiche che osserviamo all’interno della comunità".

Ma si pensa anche al dopo Covid. "Adesso si prova a guardare con speranza al futuro – dice Xiaoming, di un noto ristorante cinese in città – Continuiamo a stare attenti, ancora isolati, ma dobbiamo ripartire. Ne abbiamo davvero bisogno. E non solo per ragioni economiche".